Fitofarmaci, ai danni si aggiungono le beffe
La decisione del consiglio comunale di Tuenno di obbligare i privati a dotarsi di «siepi antifitofarmaci» a protezione delle loro case dai veleni usati per le mele, come prima l'interrogazione provinciale del consigliere leghista Paternoster affinché sia limitato ai contadini l'obbligo di spargere anticrittogamici con la lancia a mano, confermano quello che gli abitanti della val di Non hanno sempre saputo: i trattamenti per le mele (a quelle dosi, e a quelle intensità di superfici) fanno male
L'annosa e ancora irrisolta problematica dei trattamenti antiparassitari nei pressi dei centri abitati torna periodicamente all'onore della cronaca, spesso come cartina al tornasole dell'inadeguatezza di chi ci amministra. All'inopportuno «Regolamento per l'utilizzo di prodotti fitosanitari in prossimità di centri abitati e di abitazioni».
All'inopportuno «Regolamento per l'utilizzo di prodotti fitosanitari in prossimità di centri abitati e di abitazioni» sbrigativamente inviato ai comuni della Val di Non dal Presidente della Comunità di valle si sono succeduti una serie di espedienti che lasciano turbati anche i cittadini più distratti.
In data 30 marzo 2012 è stata presentata in tema di trattamenti antiparassitari, a firma del consigliere noneso della Lega Paternoster, un'interrogazione in Consiglio provinciale in cui, dopo le premesse di rito, si chiede di ridurre al minimo le fasce di rispetto entro le quali è fatto obbligo di trattare con la lancia a mano «...in considerazione del fatto che un trattamento manuale espone gli operatori agricoli ad un notevole incremento del rischio professionale, oltre ad un incremento sostanziale delle ore uomo impiegate per la coltivazione della campagna».
A questa «illuminata» uscita segue la recente proposta di inserire nella variante al Prg del comune di Tuenno l'obbligo, per chi intendesse costruire al confine di aree agricole, di allestire sul proprio suolo una barriera con siepi al fine di limitare la deriva dovuta ai trattamenti di terzi.
Ciò che accosta gli atti sopra citati è un'implicita ammissione del danno (di diversa natura) provocato dal largo impiego di prodotti antiparassitari e la comune scelta dei vari amministratori di schierarsi tuttavia, senza riserve, a fianco di chi effettua i trattamenti consentendo loro di portarsi con l'atomizzatore il più vicino possibile alle proprietà altrui, costringendo gli inermi confinanti ad adottare le necessarie misure precauzionali.
È avvilente dover sottolineare come la stragrande maggioranza della popolazione della Val di Non, impotente di fronte ai dannosi effetti di un'attività agricola sempre più impattante debba subire, da parte di chi la dovrebbe tutelare, oltre alla scarsa considerazione anche le beffe.
La decisione del consiglio comunale di Tuenno di obbligare i privati a dotarsi di «siepi antifitofarmaci» a protezione delle loro case dai veleni usati per le mele, come prima l'interrogazione provinciale del consigliere leghista Paternoster affinché sia limitato ai contadini l'obbligo di spargere anticrittogamici con la lancia a mano, confermano quello che gli abitanti della val di Non hanno sempre saputo: i trattamenti per le mele (a quelle dosi, e a quelle intensità di superfici) fanno male.
Per lungo tempo si è negato e minimizzato questo. Ora, invece, ne prendono atto pure i consigli comunali e i consiglieri provinciali. Anche se la risposta politica che viene data è opposta alle premesse fatte.
Dato che i fitofarmaci fanno male, i cittadini sono obbligati a difendersi installando siepi protettive, ha stabilito l'amministrazione di Tuenno. A parte che fa un po' specie che gli interventi protettivi debbano essere a carico dei cittadini e non di chi irrora i veleni, la conclusione che ci si aspetterebbe è un'altra. Dato che i fitofarmaci fanno male, vediamo come si può ridurre il loro utilizzo, promuovere maggiori estensioni di coltivazione biologica della mela, evitare gli appezzamenti coltivati fino a ridosso delle case, sostenere la riconversione di parti dei meleti troppo vicini agli abitati.
Stessa cosa nell'interrogazione di Paternoster. Dato che fitofarmaci fanno male a chi li irrora, - afferma l'esponente leghista - facciamoli irrorare solo alle macchine, anche vicino alle case. Forse la conclusione più logica della premessa sarebbe un'altra. Dato che i fitofarmaci fanno male a chi li irrora, vediamo di contenere il loro utilizzo, sia a favore dei contadini che usano le lance a mano, sia degli abitanti della val di Non.
Ora che il problema è stato riconosciuto, cerchiamo di trovare delle vie concrete per risolverlo. Negare la soluzione, dopo aver individuato il problema è un semplice arrampicarsi sugli specchi. E trasmette l'idea inaccettabile che, dopotutto, la salute dei nonesi non è poi così importante, e può passare in secondo piano.