Primarie, candidati ed elezioni vere
Caro direttore, ci sentiamo di esprimere alcune considerazioni in merito alle prossime scelte politiche per quanto riguarda le elezioni provinciali di fine ottobre.
In primo luogo questa difficile fase, sia dal punto di vista economico e sociale che da quello politico, necessita di forze responsabili in grado di rappresentare un riferimento solido per il Trentino. Non dobbiamo sacrificare la capacità progettuale del nostro partito, che la prossima conferenza programmatica si propone di stimolare, sull'altare di tatticismi e personalismi che poco costruiscono e molto contribuiscono a rendere il quadro ancora più confuso.
È forte oggi il bisogno di individuare il metodo migliore per selezionare i profili più idonei per candidarsi a guidare la Provincia. Tra le ipotesi che stanno emergendo, anche nel dibattito sul giornale, se ne possono individuare alcune. Ci potranno essere primarie di coalizione a doppio turno, per le quali si candideranno tutti quelli che si riconoscono nell'alleanza che ha permesso di governare la Provincia e i principali Comuni del Trentino negli ultimi quindici anni. Ci potranno essere preliminarmente alle primarie di coalizione delle primarie interne o comunque una forma di consultazione degli iscritti al Partito Democratico. Il terzo scenario potrebbe prevedere l'assenza di entrambe le consultazioni primarie se prima la coalizione e poi il partito di conseguenza decideranno di convergere su un candidato unico. Tutte le strade sono aperte e da qui si può ragionare sulla migliore delle ipotesi appena elencate.
È importante partire dal presupposto che ci si deve confrontare con le forze che hanno costruito la coalizione di centrosinistra autonomista che, in questi anni, ha amministrato la Provincia, i principali comuni del Trentino e che gli elettori hanno premiato al Senato, nonostante le scelte non proprio inclusive e gradite all'elettorato da parte delle dirigenze di partito. Noi crediamo che una procedura che non considera il quadro di coalizione, può produrre dei risultati che mettono seriamente a rischio la tenuta del centrosinistra autonomista. Quindi tutte le ipotesi vanno valutate tenendo conto delle conseguenze politiche generali.
Come è stato fatto per le primarie del centrosinistra nazionale, il perimetro della coalizione e la carta di intenti che delinei una comune narrazione del Trentino vanno definiti prima di determinare il metodo con il quale selezionare i profili.
Chiediamo dunque agli organismi dirigenti del PD del Trentino di accelerare il dialogo con gli alleati e di definire insieme alla coalizione il metodo per selezionare la squadra migliore per il governo del Trentino. Chiediamo anche, nell'ambito del tavolo di coalizione, di offrire a tutto il centrosinistra autonomista la possibilità di organizzare delle consultazione primarie. Queste primarie saranno un'opportunità straordinaria di apertura per il nostro centrosinistra autonomista, un'occasione per porre all'attenzione dei trentini le diverse opzioni che le forze politiche possiedono.
Marco Laezza, Alessandro Rognoni, Nicola Spagnolli, Fabrizio Sannicolò, Gianluca Merlo, Arianna Comencini
Abituato per quindici anni alla leadership incontrastata di Lorenzo Dellai, che - nel bene e nel male - tracciava la rotta e teneva insieme la coalizione, il centrosinistra autonomista trentino si sta avvicinando alle elezioni provinciali del prossimo ottobre con una leggerezza spensierata, come di chi è sicuro di avere in tasca la vittoria tanto da non preoccuparsi di costruirla.
Sembra che l'unica cosa che interessi ai vari pretendenti è arrivar primo nella lotteria del candidato presidente, per aggiudicarsi l'intera eredità, quasi fosse un premio blindato che si porterà a casa il fortunato sorteggiato. Di qui una corsa forsennata a chi si mette più in mostra, a chi raccoglie più claque, a chi vanta più conferenze e tavole rotonde nel proprio pedigree, da usare come carta vincente per l'investitura, e soprattutto per il trionfale approdo a piazza Dante.
In realtà, come la vicenda di Pergine eloquentemente dimostra, il pretendente diventa candidato non se è il beniamino di spicchi di opinione pubblica, ma se rappresenta e fa da sintesi dell'intera coalizione. E se i contenuti del progetto che vuole realizzare, se eletto, non sono tanto i suoi personali sogni nel cassetto, ma il frutto della discussione, elaborazione e maturazione di quanti fanno parte della coalizione, e dell'elettorato che insieme esprimono. Perché, è quasi un'ovvietà dirlo, la vittoria può arridere soltanto se la coalizione resta unita, ed è espressione di un progetto complessivo e plurale, non solo l'acuto di un solista.
Le primarie possono essere uno strumento, anche importante, di selezione del candidato presidente. Ad una condizione, però, come l'esperienza americana insegna. E cioè che le primarie servano a trovare il miglior candidato per le «secondarie», cioè le elezioni vere. E quindi a battere l'avversario.
Se le primarie, come a livello nazionale sembra ormai diventata abitudine, vengono usate per esprimere il candidato più identitario, più radical-chic, più «puro e duro», o quello marcatamente espressione di un solo partito (magari addirittura quello del solo apparato del partito), è facile che si trionfi ai gazebo, e poi regolarmente si perda alle elezioni vere. Bersani docet, ma forse anche Marino al Comune di Roma rischia di seguire la stessa strada.
Ben vengano quindi iniziative di questo o quell'esponente, raduni di questo o quel consigliere, gruppi che si organizzano e entusiasmo giovanile. Ma non per stabilire chi è il candidato presidente della coalizione, perché quello dovrà risultare chi riesce a far più sintesi dell'intera coalizione. E quindi sarà deciso alla fine del percorso, non all'inizio.
Quello da capire adesso è «per fare cosa» ci si presenta agli elettori, con quali progetto per l'Autonomia dei prossimi dieci anni, con quali ricette di contenimento dei costi (un miliardo in meno l'anno), e quindi con quali scelte strategiche sul domani.
Il nome verrà dopo, se c'è il resto.
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