Grillo, i 5 Stelle e l'epurazione dei dissidenti
Caro direttore, confesso di aver votato Grillo alle ultime elezioni, stufa della casta della politica, sorda a qualunque cambiamento. Sono però rimasta sgomenta dalla piega che ha preso il movimento, che è arrivato ad epurare la senatrice Gambaro dopo il linciaggio mediatico a cui è stata sottoposta per volontà dello stesso Grillo. Ma qui è come ai tempi delle purghe di Stalin e delle guardie rosse di Mao, con l'aggravante della gogna pubblica della rete dove si è esposti al ludibrio generale perché il capo ha deciso così non sopportando critiche e messe in discussione.
La senatrice Gambaro ha definito il Movimento 5Stelle da cui è stata espulsa una «gabbia di matti» ma ciò che inquieta e solleva interrogativi pesanti è il suo allarme sulla situazione democratica all'interno del movimento dove, a suo dire, vige il «nazismo informatico».
Che triste e infausto epilogo per un movimento che aveva suscitato tante speranze in moltissimi italiani.
Anna Ferrari
L'assenza di democrazia interna e il carattere di setta del Movimento 5Stelle, in adorazione perpetua del santone fondatore, era evidente fin dall'inizio della parabola politica ed elettorale del partito di Casaleggio e di Grillo. L'intolleranza per qualunque forma di dissenso, l'arroganza e la presunzione senza limiti del padrone della ditta, che faceva il paio con il populismo demagogico delle sue sparate, facevano presagire una non lunga durata a tale bolla mediatico-virtuale, che poteva reggere fintanto che nessuno degli adepti fosse disposto a sollevare la testa e proseguisse a «non-pensare e non-parlare» come il capo ordinava.
Tale incantesimo si è spezzato allorché i primi deputati e senatori, tutti brave persone piene di ideali e di voglia di fare, hanno cominciato a porsi domande, a chiedere spiegazioni, a obiettare punti di vista diversi. Inammissibile in tutti i sistemi a vocazione totalitaria come la piramide messa in piedi da Grillo. E così è scattata immediatamente l'epurazione, la lapidazione a colpi di post, la delazione come metodo di controllo politico e l'isolamento del singolo quale strumento di annientamento individuale per mantenere la dominazione sul gruppo. George Orwell l'aveva raccontato bene nei suoi capolavori, da «1984» a «La fattoria degli animali». Lui aveva presente il comunismo sovietico, che si fondava proprio sull'accusa di tradimento e di combutta col nemico per distruggere e togliere di mezzo gli avversari interni, o semplicemente chi faceva domande non ammesse.
Non avendo nulla di democratico e liberale, tali sistemi per forza di cose non tollerano l'idea diversa che, invece, nelle normali democrazie permette di giungere ad una verità più alta. Anzi, il dissenso al capo rafforza quest'ultimo se affrontato con metodo dialettico e capacità di cogliere il positivo che viene dalla critica.
Ora, dato che la delegazione parlamentare grillina è corposa, e c'è bisogno che gli ideali e le motivazioni alla base delle loro candidature e della loro elezione, abbiamo gambe per camminare in Parlamento, l'auspicio è che, dopo la senatrice Gambaro uno ad uno si sfilino anche gli altri parlamentari, per dar vita a posizioni politiche dentro le istituzioni più consapevoli del ruolo che possono esercitare, invece di lacerarsi come fatto finora in uno sterile isolamento, in processi e purghe interne e in estenuanti discussioni su scontrini e rimborsi.
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