Creativi, chi sono costoro?

di Matteo Lunelli

Tre video stanno facendo il giro, se non del mondo, quantomeno d’Italia. Nel momento in cui scrivo, a tre giorni dalla pubblicazione, hanno totalizzato 610mila, 340mila e 300mila visualizzazioni su YouTube. E hanno meritato le homepage di tutti i principali siti nazionali, oltre ad articoli su moltissimi quotidiani. Insomma, sono un caso.
Sto parlando dei tre video realizzati da Zero (ovvero Niccolò Falsetti, 26 anni, Stefano De Marco, 25 anni, e Alessandro Grespan, 29 anni) che hanno dato vita alla campagna #coglioneno.

No spreco righe e il vostro tempo a descrivervi le tre storie, eccole:
 

 
 


Visti?
Allora. La prima reazione, che è stata anche la mia, potremmo catalogarla come “emozione virale”. Quindi tutti a dire: “Che bello”, “Quanta verità”, “Geniali” ecc ecc. Insomma, lavorare gratis (work for free, per restare nell’inglesismo renziano del Jobs Acts) non piace a nessuno, non è giusto, e questi video, con ironia, trattano un problema reale e sentito. Quindi nessuno si sognerebbe di dire al proprio idraulico, antennista o giardiniere quello che viene detto loro nei video. La campagna sottolinea come, invece, ai creativi, questa frase venga detta troppo spesso: creativi sì ma coglioni no. (Anche se non sono del tutto convinto che a tutti i non-creativi le fatture vengano pagate sempre e con puntualità).

Superata l’emozione virale, tuttavia, mi restano degli interrogativi. Prima di tutto, credo che il lavoro di un antennista e di un grafico, di un idraulico e di un copywriter, di un giardiniere e di un designer non possano essere paragonati. Per vari motivi. Ad esempio, se la lavandino è intasato avete bisogno di un intervento immediato. Se il logo nuovo della vostra azienda arriva tre giorni dopo, non c’è problema. Oppure: il water guasto, le piante da tagliare, le antenne da montare ci sono sempre state e sempre ci saranno, ovunque (everywhere, perché il problema del lavoro va analizzato in inglese). I lavori fatti dai creativi (termine che, personalmente, non mi piace, non significa nulla e viene troppo spesso usata come sinonimo di precario), al contrario, non sono necessari. O non sempre.

Poi c’è una questione di numeri. I lavandini in Italia sono 200 milioni (calcolo creativo: 60 milioni di persone, due lavandini per ogni casa, più uffici e alberghi...). Le aziende (in crisi) che hanno bisogno di un grafico, di un web writer ecc sono decisamente di meno, molte di meno. Eppure, credo che nella fascia tra i 20 e i 30 anni in Italia ci siano più creativi che idraulici. Insomma: domanda e offerta (supply and demand) sono molto sbilanciate.

Altra questione. Il creativo (il suo lavoro deve farmi guadagnare dei soldi) deve essere un bravissimo creativo. Un geniale creativo. L’idraulico “basta” che faccia il proprio lavoro (e, sia chiaro, io li ammiro perché non sono in grado di fare il lavoro che fanno). Quindi basta che sia un idraulico, non necessariamente deve essere un eccellente idraulico.

Ultima considerazione. Leggendo qualche intervista, è emerso che i ragazzi di Zero hanno  realizzato gratuitamente questi tre video. Per il loro progetto, evidentemente, non c’era budget. Alla luce del successo avuto, però, probabilmente i loro prossimi lavoro verranno retribuiti, eccome. Insomma, forse, e dico forse, essere un po’ coglioni (leggasi lavorare a gratis, o quasi) all’inizio di una carriera può essere utile. Penso che anche a qualche idraulico, e non solo a qualche creativo, sia capitato di fare qualche lavoro non retribuito, magari per ampliare la propria clientela.

Ps. Io non sono uno di quelli che quando alla domanda “Che lavoro fai?” mi rispondono “Il musicista” o “Il calciatore”, chiede ancora “Sì, ma intendo di lavoro”.

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