Lingue straniere: oggi sì, domani forse
Lingue obbligatorie per gli insegnanti, titolava l’altro giorno l’Adige. Bella notizia, penso tra me e me, reduce da un Consiglio delle istituzioni nel quale il dirigente scolastico ha annunciato che per la classe di mio figlio (ma come la sua molte altre), il progetto Clil probabilmente non avrà un seguito alle scuole Medie. E questo non per sua volontà, ma perché non ci sono professori preparati dal punti di vista linguistico per poter insegnare la loro materia in lingua straniera.
Se alle elementari la cosa è fattibile grazie a qualche maestro, alle medie la cosa sembra essere molto più complicata. Una cosa comprensibile. Del resto, penso, se uno è insegnante di storia o di scienze, non deve necessariamente essere bilingue per essere un buon docente. Rimane il fatto che la notizia dell’assenza di progetti Clil alle scuole medie (mi riferisco a Lavis) mi ha lasciata sconcertata per due ordini di motivi. Il primo è che è l’ennesima dimostrazione di una mancanza di continuità della scuola trentina.
«Voi siete stati fortunati - ha detto il dirigente - avete avuto per anni il Clil e quindi i ragazzi hanno comunque imparato di più. Ora riprenderanno il loro cammino di studio». Può essere, rimane il fatto che alle elementari hanno fatto un grande sforzo per studiare alcune materie in lingua straniera e la continuità avrebbe dato un maggior senso anche a questa fatica. Lasciar cadere il progetto è una sconfitta per le famiglie ma anche per la scuola nel suo insieme. Ma se i professori che sanno le lingue non ci sono è evidente che c’è poco da fare anche se il dirigente è un grande sostenitore della diffusione delle lingue straniere.
Fatti i conti con il personale e le risorse, gli spazi per la continuità sembrano non esserci. Allora ben venga questo nuovo progetto anche se, quando darà i suoi frutti, sarà probabilmente tardi per le generazioni che sono ora sui banchi di scuola e che forse stanno pagando un po’ le troppe sperimentazioni portate avanti a macchia di leopardo.