Se anche la sbronza diventa social
«Ringrazio Gianfilippo per la nomination, io nomino Gianluigino, Gianfabrizio e Gianattilio, che hanno 24 ore di tempo per fare il video altrimenti mi devono una cassa di birra». Frasi del genere ne avete lette a centinaia sulla vostra bacheca Facebook nelle ultime settimane. Il gioco, o meglio la catena di Sant’Antonio (le catene via email sono ormai abbondantemente superate), si chiama «neknominate». Se non sapete di cosa si tratta, leggete il prossimo paragrafo, altrimenti saltatelo a piè pari.
Le regole sono semplici. Una persona viene nominata da un amico. A quel punto deve fare un video (in media la durata è poco più di un minuto) nel quale beve “di resta”: la birra (almeno una media) è la più gettonata, ma non mancano vino e superalcolici vari. Appena si è ingurgitato il tutto si procede nella nomination di tre amici, che a loro volta dovranno eseguire il medesimo rito, entro 24 ore, pena il pagamento di una cassa di birra (o di una “stinca”, esistono parecchie variabili) al “nominatore” iniziale. A quel punto si carica il video sul proprio profilo Facebook, si taggano gli amici in modo che possano ricevere una notifica e vedere il filmato, si cambiano le impostazioni del post per renderlo “invisibile” ad alcuni (genitori, professori, colleghi, insomma chi potrebbe incazzarsi per la performance) e via, il gioco è fatto.
Benritrovati a chi ha saltato il paragrafo precedente. Ora spenderò qualche riga di “storia” delle neknominate. Anche in questo caso, se sapete già, saltate. La gara ha preso il via in Australia, dove le regole erano tre: bere, fare qualcosa di spericolato e sfidare gli amici a fare “di più”. La cosa si è diffusa poi in tutto il mondo, Italia compresa (anche se da noi la parte del “fai qualcosa di spericolato” è stata eliminata). Dalla storia alla cronaca. Nera, purtroppo. I morti per le neknominate sarebbero già cinque: in Irlanda, Johnny Bryne e Ross Cummins, 19 e 22 anni; a Londra, Isaac Richardson, 20 anni, morto per un micidiale cocktail di vino, whiskey, vodka e birra; a Cardiff, il 29 enne Stephen Brook, ucciso da una bottiglia di Vodka mandata giù in meno di un minuto; quindi è stata la volta di Bradley Eames.
Rieccoci. Ora il quadro è ben definito, e molti di voi avranno già tratto le proprie considerazioni in merito: chi conosce la catena e magari vi ha preso parte penserà “Bene, ora parte il predicozzo moralista e moralizzatore”. Chi, invece, ha scoperto tutto leggendo sopra o, esaltato dall’idea, starà bevendo la sua birra e caricando il video, o avrà già concluso che si tratta di una stupidata (evito di usare il termine cazzata qui sul blog).
In ogni caso vi dico la mia. Sul bersi una birra di resta eviterò le frasi da educatore o da moralizzatore. E anche sul fatto che queste performance incitino al consumo di alcol, perché, a parte i casi estremi di cui sopra, bersi una birra davanti a una videocamera non è incentivare all’abuso. Però mi chiedo due cose: la prima è cosa ci sia di divertente in tutto ciò? Non fa ridere, non fa discutere, non fa parlare. La seconda è perché non si usi il gioco come scusa per trovarsi? Ovvero perché Gianfilippo, nominando Gianluigino, Gianfabrizio e Gianattilio, non li invita al bar a bere qualcosa insieme? Bersi una birra, soli in camera, dietro il monitor del computer, è di una tristezza infinita.
Immagino, inoltre, che molti accuseranno di tutto ciò internet, il web, Facebook in particolare. Ma attenzione: Facebook è solo un contenitore (ed un amplificatore). Quello che ci viene messo dentro lo decidiamo noi. Sarebbe come accusare un barista o un produttore di birra o di vino perché una persona si è sbronzata. Detto questo spero che nel prossimo futuro il popolo del web sappia inventarsi un gioco più bello, più creativo, più sociale. Perché non c’è nulla di più triste e ridicolo di bersi una birra soli, in camera, davanti a una videocamera. E, in fin dei conti, penso che la neknomination sia un po' come la Corazzata Potëmkin per il ragionier Ugo Fantozzi.