Sant'Agostino e il desiderio di felicità

Chissà che reazione provocherebbe S. Agostino se potesse ritornare fra noi. C'è infatti una delle sue definizioni sulla felicità che ricordiamo dalla scuola: la felicità - diceva - è desiderare quello che già si possiede. Oggi reazioni negative verrebbero non solo dal disoccupato di turno, ma anche dalla gente che il lavoro ce l'ha ed ha pure i soldi ma non crede di aver sempre bisogno d'altro, perché questi sono i tempi dell'avere, mentre l'essere rientra in una filosofia che non è più di moda

di Sandra Tafner

Chissà che reazione provocherebbe S. Agostino se potesse ritornare fra noi. C'è infatti una delle sue definizioni sulla felicità che ricordiamo dalla scuola: la felicità - diceva - è desiderare quello che già si possiede. Oggi reazioni negative verrebbero non solo dal disoccupato di turno, ma anche dalla gente che il lavoro ce l'ha ed ha pure i soldi ma non crede di aver sempre bisogno d'altro, perché questi sono i tempi dell'avere, mentre l'essere rientra in una filosofia che non è più di moda. Succede così che non solo la felicità diventa un termine desueto, ma anche l'essere contenti non vuol più dire accontentarsi. Dei rapporti, della situazione economica, dello stato sociale, della salute. Oggi chiedendo a qualcuno «come stai?» la risposta più frequente che ne viene è questa «eh dai», oppure «ma insomma» o ancora «si tira avanti». E rispondere «bene», mai? Certo la situazione non è delle migliori, anzi, ma proprio per questo uno potrebbe cominciare a fare la graduatoria dei valori cercando di essere un tantino più positivo e di guardare avanti.

In un convegno di psicoanalisti tenuto nei giorni scorsi a Torino si faceva notare come in Europa si stia vivendo un lungo periodo di pace, inteso come periodo senza guerre alle quali la storia aveva abituato i popoli. Ma che pace è, ci si chiede? Senza trincee, senza granate, senza soldati in armi, senza marce con i piedi congelati nella neve, eppure non per questo mancano tensioni e paure e i sogni della gente sono attutiti se non addirittura smorzati. Domina la precarietà, si sviluppa l'incertezza, le sofferenze escono ogni giorno dall' angolo. La crisi ha sostituito la guerra e allora, anche se appare un controsenso, è proprio questo il momento di credere di più in se stessi e di rimboccarsi le maniche. Come hanno fatto i nostri nonni.
C'è un'esperienza che viene dall'America, ma che sta mettendo piede anche in Italia. Una certa Martha Beck, fautrice appunto di un atteggiamento positivo nei confronti della vita, è diventata dal niente una «life coach». Non uno psicologo, non un allenatore (come dice la traduzione) ma tutte e due le cose insieme per aiutare chi è in difficoltà a trovare il bandolo per venirne fuori. Con le proprie forze e con una stampella esterna che dà una spinta per individuare la via d'uscita. La sua frase diventata slogan è: se una cosa ti fa stare bene, tu falla. Per la verità presenta molte più complicazioni di quella di S.Agostino, ma pare che i suoi corsi vadano per la maggiore e che i frequentatori si convincano che la felicità non sia un dono caduto dal cielo, ma che ciascuno possa costruirsela e che anzi possa venire addirittura insegnata.
Pure in Italia c'è una life coach, Lucia Giovannini, pure lei convinta che a fronte della serenità interiore non ci sia denaro o lavoro che tenga.
È molto probabile, certo, che il target di questa nuova professione sia di un certo livello, anche perché i corsi costano e quindi non sono alla portata di tutti. Resta però l'idea e resta la sostanza. Un riconsiderare la vita sotto altra luce, un affidarsi - al di là e prima ancora che al coach - a un sano cambio di rotta che si rifaccia al vecchio detto «aiutati che Dio t'aiuta». Magari anche cominciando a rispondere «bene» quando qualcuno ti chiede «come stai?». Le stampelle si trovano anche in se stessi. È rassicurante e forse indicatore di una ripresa della speranza, ad esempio, anche il sapere che cominciano a crescere i risparmi. Le statistiche vengono dalla Banca d'Italia, anche se ben sappiamo che se in media tutti mangiano mezzo pollo, c'è chi ne mangia uno intero e chi non ne mangia affatto. A commento dei recenti dati vale quello che dice il prof. Schizzerotto abituato ad analizzare i fenomeni economico-sociali: l'aumento del risparmio esiste, è vero, ma non per tutti.
Per gli altri resta il pensiero positivo, ma è quello che spesso riesce a dare la spinta e la forza per ricominciare. È una forza che non conosce ostacoli.
sandra.tafner@gmail.com

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