Capodanno e drammi, poca empatia, tanto ego

di Matteo Lunelli

Inizialmente volevo scrivere un post sul fatto che, grazie a (ma soprattutto per colpa di) Facebook, so esattamente cosa hanno fatto, dove sono andati, cosa e quanto hanno bevuto, a che ora sono andati a dormire, tanti amici e conoscenti la notte del 31. Così, qualche riga, magari un po’ ironica.

Poi, considerato quanto accaduto ieri a Pregasina, vedendo il numero altissimo di condivisioni della news sul sito dell’Adige (12.500 al momento) e i commenti arrivati, avrei voluto scrivere un post su questo drammatico fatto, cercando di capire il perché di così tante condivisioni e analizzando, nei commenti, perché le persone (non tutte) tendano a dare giudizi e sentenze immediati, sulla base di qualche notizia frammentaria, senza alcun tipo di empatia, nonostante si tratti di un dramma immane.

Ci ho pensato un attimo e ho deciso che sarebbe bastato un unico post, perché i due temi, seppur così differenti, sono in realtà legati tra loro. Credo, infatti, che alla base di pubblicare il selfie del proprio Capodanno e condividere sul proprio diario una notizia, commovente e drammatica, di cronaca nera, ci sia lo stesso processo mentale. Quel processo - non sono uno psicologo, quindi non saprei definirlo - che è un misto di egocentrismo ed esibizionismo (non necessariamente in un’accezione negativa) e ci porta a voler rendere pubblico e far sapere a più persone possibili cosa stiamo facendo, leggendo, pensando, con chi lo stiamo facendo e la nostra opinione in merito a un qualcosa. Questo processo trova uno sbocco naturale nei social network, l’apoteosi per dare un’eco al proprio ego.

Ho sempre considerato il termine condivisione una parola molto bella, ricca di significati, religiosi e spirituali, ma anche molto terreni. Su Facebook si condivide tutto: esperienze, sentimenti, idee, paranoie, passioni, opinioni. Si “divide con” amici e non amici la propria vita. Ma perché lo si fa? Perché si divide con le persone la serata di Capodanno o una notizia di cronaca che ci ha particolarmente turbati con la stessa identica nonchalance? Ho provato a rispondermi pensando che i social network non hanno sentimenti: sono un contenitore di esperienze senza sentimenti. Ma non è del tutto vero. Perché se non la si condivide è come se non fosse accaduta? In parte.

Come spesso mi accade, una citazione (di un film, stranamente, non di una canzone) mi è venuta in soccorso. Happiness only real when shared. La felicità è reale solo quando è condivisa. Nel nostro caso diventerebbe Life only real when shared on Facebook. La vita è reale solo quando è condivisa su Facebook. Oppure News only real when shared on Facebook. Una notizia è reale solo quando è condivisa su Facebook.

Triste? Assurdo? Ridicolo? Forse sì, ma intanto vado a condividere questo post sul mio Facebook, attendendo risposte (empatiche mi auguro) alle mie perplessità.

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