Non si possiede Dio, non si possiede la verità
Mai tacere quando uomini liberi sono uccisi per aver espresso le loro idee. Scrivo subito, a caldo, queste righe di commozione e di sdegno per la strage di Parigi dove dodici persone sono state uccise e altre cinque ferite nell’attacco di terroristi islamici al giornale satirico «Charlie Hebdo»: otto giornalisti, due agenti, un ospite, il portiere dello stabile.
I terroristi hanno ucciso al grido di «Vendicheremo il profeta» e «Allah è grande».
Colpa del giornale: aver pubblicato vignette offensive su Maometto e l’islam.
La vera satira è feroce, per sua natura, e non ha riguardi per nessuno. O è così, o non esiste satira. E se non c’è possibilità di satira, non c’è libertà. Tra l’altro, il numero di «Charlie Hebdo» di questa settimana contiene un dibattito burla sull’esistenza di Gesù. Molti cristiani potrebbero sentirsi offesi. Il direttore Stephan Charbonnier, detto Charb, ucciso nel massacro, era un provocatore nato e si divertiva a prendere di mira politici, polizia, banchieri, religioni, papa, profeti (prendo queste informazioni dall’articolo di Ravi Somaiya pubblicato in queste ore sull’edizione online del New York Times).
Perfino il governo francese era intervenuto per invitare alla prudenza Charb: è ragionevole e intelligente buttare olio sul fuoco? Mentre per paura di attentati, a causa delle vignette, chiudeva ambasciate e consolati in una ventina di paesi. Ma Charb aveva replicato: meglio morire in piedi che vivere in ginocchio. Insomma: perché posso prendere in giro il papa e Gesù ma non Maometto? D’altronde il giornale Charlie Hebdo (il cui nome fa riferimento al personaggio di Charlie Brown) è nato sulle ceneri di un altro giornale satirico chiamato Hara-Kiri, chiuso nel 1970 in seguito alle critiche per aver scherzato sulla morte di De Gaulle, un «mostro sacro» della storia francese.
La strage di Parigi ci chiede di non tacere. Anche noi occidentali abbiamo un passato di ferocie in nome della religione. O in nome dell’ateismo di stato. O in nome della rivoluzione laica per la libertà. O in nome della libertà di mercato (quante stragi di schiavi, di minatori, ...). O del «popolo» (la stagione del terrorismo e delle stragi è troppo recente perché noi italiani possiamo ergerci a giudici presuntuosi di altri popoli). Roghi, ghigliottine, lager, gulag, torture, bombe, tritolo, mitra, P38. Non dobbiamo tacere, ma gridare forte che non si uccidono le persone per spegnere le loro idee o per imporre le nostre. La violenza in nome della religione o della politica va cancellata una volta per sempre.
Soprattutto in queste ore incoraggiamo l’islam non violento a diventare più forte, non indeboliamolo. Non sarebbe giusto e non gioverebbe a nessuno. E per incoraggiarlo ha bisogno della nostra amicizia.
In questo momento di lutto per la Francia mi vengono in mente (e so dove andare a trovarle) le parole di Pierre Lucien Claverie, vescovo cattolico nato da famiglia francese trapiantata in Algeria, ucciso da estremisti islamici nel 1996, ma che aveva tenuto aperto il dialogo e l’incontro con l’islam pur sapendo che agli estremisti non piaceva (ma l’Algeria di oggi deve anche al suo coraggio se la situazione non è più quella delle stragi di allora):
«Sono persuaso che l’umanità è pluralista, e che quando pretendiamo di possedere la verità o parlare in nome dell’umanità noi diventiamo preda del totalitarismo e dell’esclusione. Nessuno possiede la verità, ciascuno è in cerca di essa. Credo che Dio c’è, non pretendo di possederlo. Non si possiede Dio. Non si possiede la verità e io ho bisogno della verità di altri che pure sono in ricerca. Questa è la mia esperienza con migliaia di algerini con i quali condivido l’esistenza e le cui domande sono le mie domande».