Referendum Comuni: 51 a 4
Referendum, cittadini più avanti dei politici
Cinquantuno a quattro: questo il risultato del referendum di domenica sulle fusioni dei comuni. Gli abitanti di 51 comuni in maggioranza hanno detto sì alle unificazioni. Solo in 4 comuni si è registrata la maggioranza dei no.
Anche se le fusioni effettive poi risultano 15 su 19, visto che per l'unificazione ci vuole l'adesione maggioritaria di tutti i municipi coinvolti nel processo di unione, il risultato è storico. E soprattutto mostra come i cittadini, anche nelle vallate con più forte radicamento territoriale, sono di gran lunga più avanti della classe politica che, in molte sue componenti, per anni ha fatto poco o nulla su questo versante, e anche in occasione di questo referendum ha remato contro.
La stessa maggioranza al governo in Provincia si è vista ben poco in azione in queste settimane, fatto salvo per il presidente Ugo Rossi, il suo braccio destro Carlo Daldoss, una parte del Patt e Mario Tonina per l'Upt, che si sono dati da fare percorrendo il Trentino in largo e in lungo e prendendo pubblica e decisa posizione a favore delle unificazioni. Il resto della coalizione, delegazione parlamentare compresa, assente su tutta la linea. A cominciare dal primo partito del Trentino, il Pd. Ancora ammaccato dalle ultime elezioni comunali, il Partito democratico è come in catalessi, autosottopostosi a psicanalisi sul perché non ha alcun radicamento nelle valli e sul territorio, ma si riduce ad essere partito di città e in molti casi (quando si chiude su se stesso) nemmeno più partito di città come Rovereto e Pergine stanno lì a dimostrare. La spiegazione del perché il Partito democratico «non esiste» a livello territoriale l'ha data il referendum di domenica. In una partita politica che vede la popolazione di 51 comuni su 55 scegliere l'unificazione, il Pd non solo non ha toccato la palla, ma non s'è neanche presentato alla partita. A parte il giovane Giacomo Pasquazzo, neosindaco di Ivano Fracena, molto attivo sul fronte referendum e fusioni, e qualche altro singolo amministratore di area Pd a livello locale, il resto - specie ai vertici - non s'è nemmeno fatto vedere agli incontri pubblici.
Attivissimo su temi di dettaglio, spesso a forte carica ideologica, sulle questioni di sostanza che riguardano il futuro istituzionale del Trentino e delle vallate, il Pd si è totalmente disinteressato. E poi ci si interroga perché anche sul fronte Comunità di valle, il primo partito del Trentino se ne torna a casa con le pive nel sacco. Linea di partito smentita dai fatti e dai dati elettorali in casa Upt, dove la segretaria Donatella Conzatti con triplo salto mortale è arrivata a cantar vittoria il giorno dopo, a risultati resi noti, dopo aver fino a domenica sputato peste e corna sui referendum, sulle fusioni, sulla riforma «al ribasso», strologando di «semplificazioni efficientiste» e «razionalizzazioni poco utili». Benché anagraficamente da poco in politica, ha già acquisito il peggio dei politici navigati, e il giorno dopo ha trionfato con altisonanti comunicati sulla «diffusa voglia di cambiamento» e «l'ampia risposta positiva delle popolazioni».
C'è da dire che anche nel suo partito non s'è brillato per adesioni al referendum. A parte Mario Tonina, come detto, il resto se non ha remato contro poco ci manca. A cominciare dal lider maximo Lorenzo Dellai che non ha mai creduto nelle fusioni e anzi nel suo lungo regno le ha sempre osteggiate ritenendo potessero fare ombra al suo progetto di Comunità di valle. In realtà, fallite di suo le Comunità di valle, proprio di fronte al vuoto creato dal loro fallimento hanno aperto la strada maestra alle unificazioni. E fino alla vigilia, lo stesso Dellai ha gufato contro l'esito del referendum, come pure l'assessore Mauro Gilmozzi, forse per una questione sentimentale visto che del vecchio progetto di Comunità di valle ne era stato un po' il padre.
Qualche «steccata» si è registrata anche sul fronte Patt, come quella della presidente del consiglio regionale Chiara Avanzo, insieme al leghista Obelix Boso e ai cacciatori corresponsabile del fallimento del referendum in Tesino. Se infatti c'è una realtà dove il Comune unico sembra fatto apposta per storia, cultura, economia morfologia territoriale, questo è il Tesino. Ma anche la «giovane» Avanzo, non è andata oltre lo sguardo al passato, dimostrando che per essere politici del domani non basta soltanto l'età anagrafica. Quella di domenica resta una lezione «dal basso», da parte dei cittadini, da parte dei paesi e della vallate, alla classe politica trentina e a molti amministratori locali. C'è più maturità del nuovo contesto in cui ci troviamo - non solo economico ma istituzionale e identitario - a livello popolare che nei vertici politici, affaccendati in queste ore soltanto a spartirsi i posti delle Comunità di valle. Una bella lezione «riformista» data dai cittadini, specie a coloro che di riformista hanno solo l'etichetta, ma in realtà sono più conservatori e legati a schemi passati degli abitanti dei piccoli comuni.
Twitter: @direttoreladige