Linguaggio unico, società unica?
Linguaggio unico, società unica?
Carissimo Franco, ho appena letto la lettera e la sua risposta sulla «moda dell'inglesismo». Ha presente coloro che ancora oggi si recano in posta, o in banca, per ritirare la pensione, e sono molti, perché non vogliono sentir parlare di bancomat, carta di credito o di conto online? Che rifiutano in toto tutto quello che appartiene all'innovazione? «Io - è la loro risposta a chi li interroga - i soldi li tengo qua». Indicando con «qua» il portafoglio nella tasca dietro dei pantaloni. Ecco. Chi si aggrappa alla lingua italiana credendo che gli inglesismi siano un modo di darsi importanza - scusi la secchezza - fa parte di questa categoria.
La terminologia che sta prendendo piede non è un capriccio di parole «prese inutilmente in prestito per stupire» ma l'esatto contrario: capirsi in modo inequivoco nel minor tempo possibile, senza giri di parole, così come chi usa il bancomat o la banca online evita la fila conseguente e il tempo del cassiere per compilare gli appositi moduli eccetera. Il linguaggio globale che sta nascendo per interloquire in modo rapido su tutte le questioni comuni ai cittadini del pianeta appartiene alla normalità delle cose.
Ricorda che già negli anni Cinquanta (io sono settantenne) del secolo scorso, quando la globalizzazione non era ancora vocabolo, già si sentiva il bisogno di una lingua globale e per questo si era «inventato» l'Esperanto? L'Esperanto è morto nella culla, ma la lingua globale sta facendo passi da gigante. Che poi sia l'inglese misto ad altri idiomi non ha importanza. Il nostro futuro è una lingua comune per tutto il pianeta. Certo. Le lingue nazionali non spariranno. Ci mancherebbe. Possiamo pensarlo solo con il riferimento alla società contemporanea basata sul mercato e sulla finanza dove noi cittadini siamo costretti a cibarci del mangime che la proprietà passa. Riferendomi al «mangime» intendo naturalmente l'informazione e tutto ciò che è inerente ad essa (testi scolastici compresi). Ma la nuova società che sta nascendo (i movimenti antipolitici prorompenti che si propagano con la velocità della luce lo stanno a dimostrare) sarà una società sempre più umana dove l'uomo potrà disporre della sua vita in modo consono e perciò, rimanendo in tema, mantenendo la cultura della radice (la lingua e la letteratura di appartenenza) e acquisendo contemporaneamente quella globale appartenente a tutta l'umanità. Internet ne è già un motore. Un sogno? Utopia? No! Perché la società è già cambiata.
Le nuove tecnologie hanno sostituito il lavoro umano così come lo conoscevamo. Inutile continuare a parlare di posti di lavoro perché si ridurranno sempre di più e perciò dovremo vivere diversamente, perché altro non rimane (anche l'informazione cartacea è destinata a sparire, nonostante molti, come chi rifiuta il bancomat, non intendano rinunciare al cartaceo saranno i costi e l'ecologia a deciderlo). E in questo diversamente (i 5Stelle, che sono uno dei tanti movimenti antipolitici, parlano appunto di stipendio di cittadinanza) è logico che l'uomo ne trarrà vantaggio potendo disporre di sé per ragionare della vita che finora, anzi ancora adesso, una società basata sulla finanza criminale, gli sta rubando. Dico finanza criminale e non finanzieri criminali perché anche loro sono, come noi, soggetti dello stesso crimine. Un modello di società è morto e quello nuovo non è ancora nato essendo in incubazione.
In questa situazione è difficile esprimersi, ma credo che nella nuova società che si verrà a creare, dopo il periodo di transizione che stiamo vivendo, avremo a disposizione il tempo per coltivare quella cultura indispensabile per una vita consapevole. L'evoluzione che cammina a grandi passi cancellerà assorbendolo il gruppo sparuto, pur se globale, che ora detiene il potere di legiferare a livello globale in funzione dell'accumulo di capitale. Quel capitale che riduce i comuni cittadini del pianeta come i polli di Renzo, e cioè a beccarsi in funzione di esso e non a beneficio della vita.
Ennio Zucchellini - Riva del Garda
Caro Zucchellini, riproponiamo con la sua lettera il tema del linguaggio, sollevato dal libro di Gabrielle Valle «Italiano Urgente» e ripreso ieri da Annibale Salsa ed Emanuela Rossini, non tanto per confutare le varie posizioni, ma perché proprio la lettera mostra come il linguaggio sia centrale non solo al comunicare, ma alla visione di società che si vuole costruire.
Tenersi i soldi in tasca piuttosto che affidarli alle finanziarie che li dislocano soppiantando le banche? Privilegiare il «reddito di garanzia» per poter vivacchiare cliccando, invece che avere un diritto al lavoro? Capirsi tutti? Ma se occorre farsi spiegare (vedi giornale di ieri) cosa significa «smart city» significa che qualche incertezza perdura, e se il «bail in» fa tanta paura una parola più chiara potrebbe rassicurare. Lei, Zucchellini, partendo dal linguaggio «unico» descrive uno scenario di vita futura, qui sta l'interesse della sua lettera. Ma è uno scenario abbastanza sgradevole, di intrusioni, mancata riservatezza, strumentalizzazioni anche violente. Personalmente mi sentirei meno ottimista di lei sul futuro pensando che le pochissime persone che da posizioni di dominio quasi assoluto sulla Rete veicolano un linguaggio unico, preparano anche l'impianto di una società «Unica», che proprio la lingua incardina. Forse si configura un cerchio totalitario dal quale sarà difficile uscire.
fdebattaglia@katamail.com