La diocesi può diventare laboratorio di musica sacra
La diocesi può diventare laboratorio di musica sacra
Si è svolto a Roma il Convegno internazionale su «Musica e Chiesa: culto e cultura a 50 anni dalla Musicam Sacram». Il convegno, al quale hanno partecipato circa 40 Paesi, è stato presieduto dal card. Gianfranco Ravasi, direttore del Pontificio Consiglio della cultura, coadiuvato da numerose personalità, esperte sia nel campo liturgico che in quello musicale.
Momenti di particolare emozione hanno accompagnato lo svolgersi dell'incontro, quali ad esempio il suggestivo canto dei Vespri con il prestigioso coro «Sistina», sotto la volta dell'omonima Cappella. Inoltre, ha destato profonda emozione l'incontro con papa Francesco il quale ha voluto trasmettere ai partecipanti la sua grande umanità con la sua personale stretta di mano. Al di là delle emozioni sono state le proposte innovative le vere protagoniste del Convegno, che leggeremo negli Atti congressuali recentemente pubblicati. La testimonianza di chi ha partecipato a questo avvenimento culturale di vasta portata è stata riferita al nostro Arcivescovo, mons. Lauro Tisi assieme a un gruppo di lavoro che opera nel campo liturgico-musicale, costituitosi per sostenere la promozione e la valorizzazione della musica sacra e del canto liturgico nella nostra Diocesi Trentina. Questo gruppo di volontari, impegnati a vario titolo in questo settore, si è fatto carico di consegnare all' Arcivescovo un importante documento nel quale sono state esposte le principali cause di criticità inerenti la musica sacra.
Mons. Tisi ha espresso parole di ringraziamento oltre che di cordiale accoglienza agli estensori del documento-petizione nonché a tutti coloro che lo hanno sottoscritto tra i quali: sacerdoti, operatori liturgici e numerosi musicisti. Lo stesso Arcivescovo ha incoraggiato questa iniziativa con la sua partecipazione e il suo personale impegno.Alla luce delle direttive espresse nel Convegno di Roma è emerso con particolare urgenza il tema della Formazione, tema che è stato annunciato dallo stesso Papa Francesco durante il discorso pronunciato al termine dei lavori congressuali. Eccone un breve stralcio: «Di grande rilievo è stata anche la riflessione sulla formazione estetica e musicale sia del clero e dei religiosi sia dei laici impegnati nella vita pastorale, e più direttamente nelle scholae cantorum».
Mo. Antonio Gasperi
Tutta la Chiesa sta affrontando un riposizionamento epocale, di cui la crisi della musica sacra, assieme alla caduta delle vocazioni, è il più evidente termometro. Le cause sono molte, ma a ben guardare riconducibli tutte ad una crisi della «coralità»: non solo del cantare insieme (non si canta più neppure nelle strade, sugli autobus durante le gite ?) ma del fare insieme, del vivere insieme. Sono in crisi le relazioni fra uomo e donna e non si diventa preti anche perché non si vuole essere parte «corale» di una comunità.
Tutti per sé, autoreferenziali anche nella preghera. Tutti a farsi «selfie» spirituali. In questa cornice la musica sacra appare la più evidente pagina incompiuta del Concilio: il quale ha traghettato il cattolicesimo nella globalizzazione, l'ha adeguato ai nuovi linguaggi dell'universalismo postmoderno, gli ha dato gli anticorpi per non essere travolto dalla crisi di valori dell'Occidente, ma in questo passaggio necessario e profetico, ha aperto un vuoto che ancora non è stato colmato. Le conseguenze si vedono. Dopo due millenni di arte e di musica meravigliosa «ad maiorem Dei gloriam», non bastano le volonterose chitarre per attirare i giovani, come non sono sufficienti i canti liturgici preparati a tavolino a muovere le voci di chi prega nelle navate. E però è inutile scoraggiarsi, perché lì, invece, dove c'è un piccolo coro parrocchiale (una pianola, un armonium, tre voci ?) la comunità sembra rivivere, si ritrova in momenti insieme, fra cielo e terra.
La musica sacra, la coralità, in questi casi non cade nel vuoto, ma lo colma, supplendo anche alle carenze di sacerdoti. Come lo colmano gli umili sacrestani, tenendo aperta la casa di Dio, sostando in silenzio in un banco della chiesa vuota, mormorando una preghiera cui altri possono aggiungersi. È questa la vera alternativa - un piccolo coro, una piccola testimonianza di umiltà - la «pietra scartata» che puntella i poveri nuovi preti pendolari, costretti come trottole a usurarsi spiritualmente e fisicamente di parrocchia in parrocchia. L'invito che questa lettera contiene allora, non è formale, ma mira ad affrontare con coraggio le difficoltà e le opportunità che si presentano. La diocesi di Trento, per la sua tradizione grande anche in questo campo, ha tutti gli elementi per imboccare questa strada. Non si tratta di imporre un nuovo modello di musica sacra, si tratta di ritornare alla musica per imparare, provare insieme, ascoltare prima che esibirsi. Avere il coraggio di proporre una scuola, di fare un sforzo per portare giovani musicisti nelle parocchie, come erano i maestri di cappella. Un tempo si faceva così con i cappellani (spesso erano i Comuni ad assicurarne il mantenimento) che insegnavano ai giovani a stare insieme giocando. Ora si può forse riprovare a stare insieme cantando.
fdebattaglia@katamail.com