Quando l'arroganza va al governo
Quando l'arroganza va al governo
Ma gli italiani tanto citati dai due contraenti del contratto di governo sono coscienti di quanto sta succedendo nel Paese? Un governo che ogni giorno si lacera fingendo di non lacerarsi, che non va d’accordo su tante cose fingendo di andare d’accordo su tutto, che non dà un preciso indirizzo politico e sociale e civile e culturale fingendo di darlo, che annuncia il cambiamento di non si sa che cosa.
Un governo così può piacere? È pur vero che qualcuno sta invocando l’uomo forte che prenda in mano la situazione. Ma cosa vuol dire l’uomo forte? Quello che gli italiani hanno già sperimentato molti decenni fa? Probabilmente no. E infatti ci si affanna a ripetere che oggi non c’è alcun rischio di andare in quella direzione, che non esistono tendenze razziste e xenofobe, che la democrazia sta vivendo momenti felici. E chi lo garantisce che certi segnali non sono da prendere in considerazione ma sono soltanto segnali di fumo, sbuffi da propaganda elettorale? La speranza, forse. Intanto, al di là dei contenuti, diciamo allora che è il linguaggio a dare fastidio tanto da sembrare pericoloso, sono i comportamenti a lasciare perplessi, le invasioni di campo, l’arroganza. Normalmente gli arroganti solo prevaricando riescono a imporsi sugli altri. E normalmente prima o dopo vengono abbandonati pure da chi li aveva sostenuti .
Prima gli italiani, si va ripetendo come una litania, facciamo tutto per il bene degli italiani, lo chiedono gli italiani. Non tutti gli italiani però hanno gli strumenti per ragionare in proprio e non invece sotto pressione giornaliera degli eventi e dei proclami? Certo il percorso è molto lungo, per incentivare istruzione e cultura serve tempo, servono soldi, serve prima di tutto volontà. Ma intanto potrebbe fare azione di supplenza la cosiddetta società civile nelle sue varie forme d’espressione più preparate, cosa che peraltro già succede, ma forse è ancora troppo poco. E potrebbero farsi sentire con forza in maniera propositiva altre forze politiche, ammesso che ne siano in grado.
Come ben si sa, in democrazia sono gli elettori ad esprimere le preferenze per chi andrà poi a governarli avendone avuto la delega, preferenze alle persone e alle rispettive forze politiche che potranno essere di destra o di sinistra, pur se questi vengono ormai considerati termini obsoleti. Eppure le differenze esistono, eccome, anche se definite con altri nomi. Chiamiamoli sotto e sopra, se piace di più, ma la sostanza non cambia.
Destra e sinistra, se degne, se illuminate, se davvero in grado di mettere al primo posto il bene dei cittadini, hanno pari dignità. Potrà piacere più l’una che l’altra, ma in democrazia vanno accettate entrambe e quindi promosse o bocciate sui fatti. E quando una governa, l’altra fa l’opposizione. Se però non succede così, allora i cittadini dovrebbero essere in grado di accorgersene e di rimediare. Dovrebbero avere i mezzi per non lasciarsi suggestionare o ingannare. Non c’è ancora la cultura sufficiente? Nell’attesa basterebbe il buon senso e l’umiltà di confrontarsi, di esprimere le proprie argomentazioni e di ascoltare quelle degli altri, senza urlare, senza scalmanarsi, senza presumere di avere ragione a prescindere, senza inseguire i propri egoismi, senza puntare agli interessi personali a scapito di quelli degli altri. Ricordiamo la famosa frase attribuita a Voltaire? Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.
Illusioni? Probabilmente sì, il singolo individuo nella maggior parte dei casi non è convinto che il bene di tutti possa diventare anche il proprio bene. E questa non è soltanto la storia di oggi, è la storia di sempre. L’uomo – e dunque chi governa e chi è governato – troppe volte non si rende conto che il bene comune comprende voci come democrazia, libertà, giustizia, cultura, economia, convivenza pacifica e molto altro. Voci che non dovrebbero avere destinatari privilegiati, ma valere per tutti, gli uguali e i diversi. Oggi non c’è occasione in cui non si vada proclamando prima gli italiani. E agli altri solo quel che avanza? Rendiamoci conto che non ne avanzerebbe mai. Allora bisogna fare progetti, porsi obiettivi, regolare situazioni, rendersi conto che anche gli altri sono uomini e la democrazia con i suoi valori vale anche per loro. Questi non sono valori ad esaurimento.
Ma prendeteveli voi gli altri, se ci tenete tanto. È una frase ormai usurata ripetuta dall’eco. E addirittura non si prende nemmeno in considerazione di poterne discutere pacatamente, pare che basti l’accusa di buonismo, chissà poi cosa vuol dire. In certi tempi pare che sia una brutta parola.