Tra 6 giorni si vota: parliamo ai giovani
Tra 6 giorni si vota: parliamo ai giovani
Il piacere di usare il mio cervello non ha eguali. Lo scriveva Dario Fo nel suo libro «Darwin, ma siamo scimmie da parte di padre o di madre?». Dopo questa premessa si rivolgeva ai ragazzi dando loro un consiglio: adoperatela senza timore questa macchina del pensiero, ricordate che solo se si esagera a farne uso il vostro cervello migliora le sue prestazioni. Quindi tenetela sempre accesa ed evitate che le banalità di cui tutti siamo facilmente vittime riescano a spegnerla.
Un invito a pensare. Quindi a non lasciarsi influenzare, a informarsi, a studiare, a scambiare idee, a discutere. Concetti che valgono sempre, per la vita, per migliorarla e per costruire oggi le basi per domani.
Sarebbe davvero un peccato sottomettersi non soltanto alle mode del momento, che sono un obiettivo superficiale, ma ad opinioni altrui che vorrebbero subdolamente indirizzare le intelligenze. Fra 6 giorni si vota per il Parlamento europeo. I giovani sanno che cos’è e chi non lo sa ha il tempo per capirlo, basta volere e non cadere nella trappola di chi li vuole acritici ed etero diretti. Perché è pur vero che certi comportamenti, oggi in un modo e ieri in un altro - la storia si ripete sempre - potrebbero indurre al pessimismo di fronte a eventi che li vedono protagonisti del tutto negativi. E forse per quel tipo di giovani, ai quali la storia non ha insegnato niente perché non la conoscono e perché c’è sempre chi approfitta della loro ignoranza ed anzi ne fa terreno di coltura per propri interessi, la strada sarà più lunga, ma un’altra potrà essere imboccata, magari cominciando ad attingere a un piccolo e finora assopito patrimonio di umiltà. Altri giovani pronti a mettersi in discussione possono invece essere patrimonio disponibile da subito.
Fra 6 giorni si vota ed è soprattutto a questi giovani che deve arrivare l’appello. A questi giovani, come prima cosa, andrebbe chiesto scusa per il cattivo esempio che troppo spesso gli adulti sanno dare. Gli adulti della società civile e gli adulti che questa società ambiscono a governare, senza ricordarsi che un politico dovrebbe farlo secondo le regole del buon padre di famiglia. Non uno slogan, un concetto molto alto e non facile da attuare, ma necessario a chi si è messo in gioco ritenendo di avere i numeri per farlo.
C’è un rischio dietro l’angolo ed è quello di confondere il rinnovamento con la rottamazione. Non è così che funziona, il nuovo è necessario per un utile cambiamento, ma il vecchio dovrebbe essere il termine di confronto per assumere ciò che di buono è stato fatto e per scartare ciò che si è rivelato negativo. L’esperienza non è da scartare solo perché costringe a guardare indietro, è invece una piattaforma indispensabile per costruire e andare avanti. Perché non saper niente e credere di sapere tutto è il punto di partenza più sbagliato. Fra 6 giorni si vota e chi ha qualcosa di buono da dire deve dirlo, in tutti i modi leciti e civili, ma deve dirlo a voce alta perché sentano anche i sordi. Non si grida per il gusto della polemica, questo non dà risultati. Si grida perché si sa, si sa quel che è successo prima, si vede quel che sta succedendo, si vuole che le cose cambino in meglio.
E per questo non si può regalare quella macchina preziosa che è il cervello a chi la vuole distruggere per riempire il vuoto con notizie false, con preconcetti, con un grumo di ignoranza. I giovani hanno l’energia, l’entusiasmo, la capacità, la curiosità di capire. I giovani - se non viene loro soffocato sul nascere - hanno il senso della solidarietà, della giustizia, dell’etica. E hanno non soltanto il diritto, ma ancor prima il dovere di esprimersi, per poter prendere in mano la propria vita e, appena sarà il momento, anche quella degli altri, per contribuire a far crescere un’umanità migliore, senza rancori e senza odio, senza incompetenza e senza egoismo, senza rivalse e senza esclusioni, senza bullismo e senza violenza. Perché chi l’ha detto che non esista per tutti il modo di vivere meglio?
Fra 6 giorni si vota. Però se non si va a votare è come delegare ad altri la propria volontà. Inutile poi lamentarsi che tanto non cambia niente, che sono tutti uguali, che fanno sempre quello che vogliono loro. Ma loro chi?