Gli alimenti vanno trattati al meglio
Gli alimenti vanno trattati al meglio
La “scoperta” del fuoco, o meglio il controllo del fuoco, avvenuta da 500.000 ad un milione di anni fa, è stata una tappa evolutiva fondamentale nella storia dell’umanità, non perché ci ha permesso di cuocere la carne alla brace, ma perché ha aumentato decisamente la disponibilità di cibo.
La cottura dei cibi di origine vegetale, infatti, ha permesso di rendere i cibi più digeribili. Il calore, spezzando gli involucri cellulosici e il tessuto fibroso di radici e tuberi, ha consentito una maggior estrazione di energia da quegli amidi che solo grazie al riscaldamento venivano resi più aggredibili da parte degli enzimi digestivi prodotti da stomaco e intestino. La cottura dei vegetali distruggeva poi quelle tossine, sempre presenti nelle foglie, che le rende di sapore sgradevole, e presenti in minor quantità anche nei germogli e nella frutta. Ad esempio se una persona è allergica alla mela, non la può mangiare cruda ma solo cotta.
Questo perché il calore degrada le molecole allergizzanti contenute nel frutto. L’ulteriore grande vantaggio della cottura sta nel fatto che il calore uccide quasi la totalità dei batteri e dei parassiti presenti negli alimenti, aspetto fondamentale in tempi in cui la conservazione del cibo era piuttosto empirica. Purtroppo però c’è anche un rovescio della medaglia.
Già cento anni fa Weston Price, un dentista americano, facendo tutta una serie di sperimentazioni con i gatti, si accorse che i gatti alimentati con soli cibi cotti invece che crudi, presentavano uno stato di salute peggiore, un pelo meno lucido e folto, erano meno prolifici ed invecchiavano prima. La sua conclusione fu che qualsiasi trattamento subisca un alimento lo impoverisce dei sui principi nutritivi, che lui chiamava “principi vitali”. È stato soprattutto negli ultimi 50-60 anni che si è fatto un sempre più largo uso di cibi lavorati industrialmente, conservati a lungo, precotti, spesso addizionati di additivi chimici per renderli più gradevoli, più duraturi o semplicemente più belli.
Oggi non sappiamo più che cosa mangiamo, perché si è persa la stagionalità. Mangiamo durante tutto l’anno ortaggi che arrivano dall’Africa piuttosto che dalle serre del nord Europa. Mangiamo frutta che arriva dall’altra parte del mondo come: mango e papaia dal Brasile, ananas dalla Thailandia, pere dal Cile o l’uva del Sud Africa. E senza andare troppo lontani mangiamo le mele, raccolte a settembre, perfettamente conservate anche 7-8 mesi dopo. Ma la domanda che viene da porsi è: siamo sicuri che quello che mangiamo giorni o mesi dopo la raccolta mantenga le stesse proprietà nutrizionali di un alimento appena colto?
Talvolta anche la semplice permanenza all’aria o alla luce impoverisce l’alimento di parte delle vitamine più “fragili”, quali: la vitamina A, la E la B1 o la B2. Il trattamento che depaupera maggiormente gli alimenti dei loro principi nutritivi è comunque la cottura. La vitamina C, ad esempio, è molto fragile e con la cottura perde del tutto la sua funzionalità. La stessa cosa succede anche all’acido folico. L’acido folico, che oggi viene dato a tutte le future mamme per prevenire le malformazioni fetali, deve il suo nome al fatto di essere presente solamente nelle verdure a foglia come l’insalata o gli spinaci.
Purtroppo anche l’acido folico con la cottura si degrada, dunque per garantirci degli apporti minimi dovremmo mangiare verdura a foglia cruda quotidianamente.
Ecco allora alcune raccomandazioni per limitare al massimo le perdite di vitamine e sali minerali. Innanzi tutto è fondamentale lasciare gli alimenti fuori dal frigorifero il minor tempo possibile, perché, come detto, anche l’aria, la luce e la temperatura ambiente degradano già alcune vitamine. Quando lavate la verdura non lasciatela troppo a lungo nell’acqua e quando fosse possibile strappate le foglie piuttosto che tagliarle, perché lo strappo segue delle linee di separazione che lascia integre le cellule e non permette la fuoriuscita del liquido intracellulare ricco di sali e vitamine.
Ad esempio, se vogliamo fare un buon brodo mettiamo la carne e gli ortaggi, tagliati con un coltello, nell’acqua fredda, in modo che i sali, le vitamine, le proteine, i polifenoli e le sostanze aromatiche presenti dentro le cellule di carne e verdure possano uscire e andare ad arricchire il più possibile l’acqua per trasformarla in un buon brodo. Una lunga cottura sarà necessaria per estrarre tutte le sostanze gustose da carne e verdura. Otterremo un ottimo brodo ma la carne risulterà lessata e non particolarmente saporita.
Se invece vogliamo fare un buon bollito mettiamo nell’acqua fredda solo le verdure tagliate e gli aromi e solo dopo aver portato il brodo ad ebollizione aggiungeremo la carne. In questo modo le proteine più esterne della carne tenderanno a coagulare, formando una pellicola tale da impedire la fuoriuscita nell’acqua degli aromi e di quelle molecole che danno il buon sapore al bollito.
La prossima settimana vedremo più in dettaglio le tecniche di cottura migliori che ci permettano di ottenere da un alimento il massimo del gusto e della validità nutrizionale.