C'è un'Italia da ricostruire
C'è un'Italia da ricostruire
C'è un uomo che con grande garbo, senza urlare, guardando negli occhi una Nazione, sa dire cose importanti e capaci di restare. Un uomo che indica una via, il senso di una ripartenza. Abita sul Colle. E si chiama Sergio Mattarella. È stato lui, mentre finiva quest'anno che ci ha strappato amori e ricordi, affetti e memoria, sicurezza e ottimismo, spesso anche un lavoro e una prospettiva, a dirci che c'è un Paese da ricostruire. «Non sono ammesse distrazioni, né si può perdere tempo», ha detto infatti il presidente della Repubblica entrando il 31 dicembre nelle case di oltre 15 milioni di italiani (un significativo record d'ascolti).
E ha subito aggiunto: «Perché questo deve essere semmai il tempo dei costruttori». Marzio Breda, sul Corriere, ha ricordato che gira un aneddoto, al Quirinale: quando c'è in gioco qualcosa di decisivo, si dice nei corridoi, il capo dello Stato alza la voce tenendola bassa. Ed è proprio questo il messaggio che è arrivato: pacata fermezza; forza tranquilla. Nel difendere la stabilità in un momento in cui prevalgono frammentazione e rancore. Nel difendere i vaccini: «La scienza ci offre l'arma più forte, prevalendo su ignoranza e pregiudizi. Vaccinarsi è una scelta di responsabilità. Un dovere. Tanto più per quanti operano a contatto con i malati e le persone più fragili».
«Io - ha poi detto invitando in un certo senso i politici a dare l'esempio, ma anche a mettersi in coda senza togliere il posto a chi ne ha maggior bisogno - lo farò appena possibile». Ed è, questo, un messaggio che vorremmo facessero proprio, da subito, tutte le persone che contano nel nostro territorio. Vedere loro in prima fila («appena possibile») sarà importantissimo. Serve l'esempio. Servono - lo dico soprattutto a chi per conquistare o non perdere un voto sarebbe disposto a mettere in discussione Galilei - idee chiare. Non c'è altra via, citando sempre Mattarella, per «riappropriarci della nostra vita»: immunizzarsi. Aiutando noi stessi e gli altri. E qui il capo dello Stato ha lanciato una sorta di avvertimento trasversale: «Non vanno sprecate energie per inseguire illusori vantaggi di parte».
Non si può perdere tempo. Non sono ammesse distrazioni. Prima ci si concentra sull'obiettivo: la stabilità, l'uscita dal tunnel del covid. Poi, semmai, ci si dedicherà agli errori che si potevano evitare («l'emergenza ha accentuato limiti e ritardi del nostro Paese») e magari persino alle piroette di una politica che continua ad esaltare gli assetti e i problemi (benché un discreto immobilismo oggettivamente ci sia) anziché le possibili soluzioni. Non è solo il garante (o il custode) della Costituzione, il presidente della Repubblica. È anche l'interprete autentico del comune sentire di un Paese, dell'«unità morale e civile» di un'Italia che ha solo voglia di ripartire. E c'è un potenziale costruttore in ognuno di noi, in fondo.