Lotta contro l'ictus Novità da Rovereto
I ricercatori dell'Istituto Italiano di Tecnologia a Rovereto hanno ottenuto risultati incoraggianti per il trattamento dei deficit cerebrali dovuti all'ictus, sottoponendo a stimolazione magnetica transcranica (TMS) alcuni pazienti
I ricercatori dell'Istituto Italiano di Tecnologia a Rovereto (Trento) hanno ottenuto risultati incoraggianti per il trattamento dei deficit cerebrali dovuti all'ictus, sottoponendo a stimolazione magnetica transcranica (TMS) alcuni pazienti. In particolare, i neuroscienziati hanno osservato che l'attività compromessa dall'ictus nelle regioni del cervello deputate all'analisi dell'informazione visiva attentiva, possono essere ripristinate tramite la stimolazione magnetica transcranica: l'iperattivazione cronica dell'emisfero sano viene ridotta con lo scopo di sollecitare l'attività in quello leso e favorire il recupero.
I risultati di tale studio sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Neuropsychologia con il titolo "Contralesional rTMS relieves visual extinction in chronic stroke"; gli autori sono Sara Agosta, Florian Herpic, Gabriele Miceli, Francesco Ferraro e Lorella Battelli. Il lavoro di ricerca è nato dalla necessità di aiutare i pazienti colpiti da ictus a recuperare funzioni cognitive (in particolare l'attenzione sostenuta) che rimangono deficitarie e profondamente invalidanti anche molti mesi dopo l'ictus. Tali deficit spesso non vengono rilevati dalla classica testistica neuropsicologica, ma di fatto sono la probabile causa dell'incapacità di molti pazienti a raggiungere un recupero completo.
Gli esiti dei test sui pazienti mostrano come dopo la stimolazione attiva ci sia un notevole miglioramento dei pazienti. Tali test si sono dimostrati estremamente sensibili alla rilevazione dei deficit cronici dei pazienti e ne hanno confermato la riabilitazione dopo il trattamento con la stimolazione magnetica transcranica. Il miglioramento ha raggiunto il picco a 30 minuti dalla fine della stimolazione, fornendo suggerimenti importanti sul potenziale di plasticità corticale ancora presente in pazienti di fatto considerati cronici e stabili.