Pino Morandini «Dell'uso del denaro rispondo prima al Padreterno»
«Dell'uso del denaro si risponde, per quanto mi riguarda, al Padreterno prima e poi alla comunità e alla famiglia. Ora attendo il giudizio della magistratura alla quale mi sono rivolto con una decisione sofferta per la mia dignità, a fronte della gogna pubblica e della strumentalizzazione fatta dal qualche nuovo politico». Pino Morandini, ex consigliere provinciale della Dc e poi del Pdl, cinque legislature alle spalle, eletto la prima volta nel 1988, è dopo Mauro Delladio la persona fra i consiglieri trentini che si è vista assegnare complessivamente (tra anticipo del vitalizio e quota nel Fondo Family) la cifra più alta, ben 1.112.665,16 euro. E ora, con il ricalcolo del vitalizio attualizzato, a seguito della nuova legge del luglio scorso, dovrebbe restituire 319.955 euro alla Regione, ma lui invece di rinunciare a questa cifra eccedente è tra coloro che hanno deciso di opporsi ricorrendo al giudice.
Pino Morandini, è dal febbraio scorso che cerchiamo di contattarla per chiederle la sua posizione su questi anticipi dei vitalizi ricevuti. Dov'è stato in questi mesi?
«Lo so che mi avete cercato più volte. È stata un'estate turbolenta perché mia suocera stava male e purtroppo ora è mancata e adesso sono al capezzale del suocero».
Ora che ha deciso che è giunto il momento di dire come la pensa, può spiegare perché ha voluto fare ricorso contro la restituzione di questi soldi?
«È stata una scelta sofferta non leggera. Però est modus in rebus , c'è stata una strumentalizzazione inaccettabile da parte di qualche nuovo politico».
Intende i presidenti Rossi e Kompatscher o anche altri?
«I nomi sono già stati fatti dai miei colleghi, ma ci sono anche altri nuovi consiglieri che ci hanno colpito con epiteti vari. È una questione di dignità importante per chi ha fatto dell'attività politica una promozione di valori e di civiltà, andando spesso controcorrente e vivendo in isolamento. E poi questa è una legge pastrocchio, perché non ha tenuto conto di chi ha percepito lauti vitalizi anche solo dopo tre legislature o chi ha il vitalizio dopo una legislatura. Si è messo alla gogna chi ha quattro-cinque legislature alle spalle. Io ho versato contributi per 25 anni».
Quanto ha versato di contributi?
«Questo non l'ho presente perché le vicende estive di cui le ho detto mi hanno tenuto il cervello occupato in altro».
Ma lei sa che non c'è corrispondenza tra quanto versato e l'entità del vitalizio, che è molto più alto. Le sembra giusto e ragionevole quello che prende? Non pensa che la restituzione che vi si chiede sia giustificata dal tentativo di introdurre un elemento di maggiore equità?
«Sicuramente è una cifra importante. E anche questa restituzione per quanto mi riguarda rimane lì congelata in attesa e nel rispetto della decisione della magistratura. Io restituirò se non dovesse essere accolto il ricorso. Ma vorrei dire che io è dal primo gennaio di quest'anno, a 65 anni, che percepisco il vitalizio di 2.900 euro al mese. Dal 1999 ho fatto proposte legislative per ridurre vitalizi e indennità. E ho sempre pensato a persone che stanno nel bisogno e ho un mio progetto di solidarietà importante per le famiglie».
Ma non le sembrava più equo restituire spontaneamente quella parte che le viene chiesta?
«Ripeto, se la questione fosse stata gestita diversamente, senza anatemi, mettendoci intorno a un tavolo, penso che nessuno avrebbe fatto ricorso. C'è una ferita forte nel cuore di molte persone».
È comprensibile il suo stato d'animo, ma esiste un dato sotto gli occhi di tutti, che per i vitalizi siano state quantificate cifre troppo elevate, che è difficile giustificare ed è bene che vengano restituite alla Regione, non è d'accordo?
«Lei ha ragione, ma proprio questo mi induce a una forte responsabilità sul suo utilizzo. Fin da quando sono stato eletto ho destinato una parte molto importante della mia indennità alla solidarietà. Vorrei ricordare al riguardo un pensiero di Cesario di Arles spesso citato dall'attuale Pontefice e dal suo predecessore: «La ricchezza non può fare del male a un uomo buono, perché la dona con misericordia, così come non può aiutare un uomo cattivo, finché la conserva avidamente o la spreca nella dissipazione» (Sermoni, 35,4)».