Più soli, vulnerabili e in ansia per il futuro: il Censis fotografa gli italiani
La crisi economica ha diffuso in Italia «una percezione di vulnerabilità» tale da far ritenere al 60% degli italiani che a chiunque possa capitare di finire in povertà, «come fosse un virus che può contagiare chiunque». La reazione è un «attendismo cinico», per cui non si investe e non si consuma, il contante è considerato una tutela necessaria e prevale la filosofia del «bado solo a me stesso».
È la fotografia scattata dal Censis nel 48° rapporto sulla situazione sociale del Paese, la cui presentazione è in corso stamane a Roma.
Dopo la paura della crisi, è un approccio attendista alla vita che si va imponendo tra gli italiani, scrive il Censis. Si fa strada la convinzione che il picco negativo sia alle spalle. A pensarlo è il 47% della popolazione, il 12% in più rispetto all’anno scorso. Ma a prevalere è ora l’incertezza.
«Di conseguenza la gestione dei soldi da parte delle famiglie è fatta di breve e brevissimo periodo. Tra il 2007 e il 2013 tutte le voci delle attività finanziarie delle famiglie sono diminuite, tranne i contanti e i depositi bancari, aumentati in termini reali del 4,9%, arrivando a costituire il 30,9% del totale (erano il 27,3% nel 2007). A giugno 2014 questa massa finanziaria liquida - sottolinea il Censis - è cresciuta ancora, fino a 1.219 miliardi di euro.
Prevale un cash di tutela, con il 45% delle famiglie che destina il proprio risparmio alla copertura da possibili imprevisti, come la perdita del lavoro o la malattia e il 36% che lo finalizza alla voglia di sentirsi con le spalle coperte».
La parola d’ordine è «tenere i soldi vicini per ogni evenienza, pronto cassa».
Pensando al futuro il 29% degli italiani prova ansia perché non ha una rete di protezione, il 29% è inquieto perchè ha un retroterra fragile, il 24% dice di non avere le idee chiare perchè tutto è molto incerto, e solo poco più del 17% dichiara di sentirsi abbastanza sicuro e con le spalle coperte.
«L’attendismo cinico degli italiani - rileva ancora il rapporto - si alimenta anche nella convinzione che in fondo ci sono alcune invarianti nei processi sociali che con la crisi finiscono per patologizzarsi». Per esempio, tra i fattori più importanti per riuscire nella vita il 51% richiama una buona istruzione e il 43% il lavoro duro. Tuttavia, il 29% indica le conoscenze giuste (contro il 19% della Gran Bretagna) e il 20% la provenienza da una famiglia benestante (contro il 5% della Francia).
«Il nostro è un Paese che ha capitale e non lo sa agire,le famiglie, le imprese hanno tanto capitale, l’Italia ha patrimonio culturale, e non lo sa agire», ha detto poco fa Giuseppe De Rita, presidente del Censis, nel corso della presentazione del Rapporto.
Per De Rita «è angosciante vedere e sapere che c’è questo capitate inagito, è la cosa più angosciante che c’è in Italia: abbiamo il capitale e non lo agiamo perché oggi nessuno sa interpretare le aspettative, il futuro. C’è motivazione di uscire da questa situazione di crisi ma non si sa come, c’è la solitudine del singolo che non sa dove andare». Dal rapporto Censis emerge che «siamo una società liquida che rende liquefatto il sistema. Senza ordine sistemico, i singoli soggetti sono a disagio, si sentono abbandonati a se stessi, in una obbligata solitudine: vale per il singolo imprenditore come per la singola famiglia. Tale estraneità porta a un fatalismo cinico e a episodi di secessionismo sommerso, ormai presenti in varie realtà locali».
Il presidente De Rita ha parlato della società «delle sette giare, dei sette mondi, cioè contenitori caratterizzati da una ricca potenza interna, mondi in cui le dinamiche più significative avvengono all’interno del loro parallelo sbollire, ma senza processi esterni di scambio e di dialettica».
Queste sette giare sono i poteri sovrannazionali, siamo sempre più condizionati dal circuito sovrannazionale, senza che mai corrisponda alle aspettative collettive, la politica nazionale, le istituzioni, che vivono in una dinamica tutta loro, le minoranze vitali, i medio-piccoli imprenditori, concentrati sull’export e sulla presenza internazionale nel manifatturiero, ma anche nell’agroalimentare, nel turismo, nel digitale, nel terziario, la gente del quotidiano, il sommerso, i media.