Discarica abusiva a Roncegno «Senza bonifica sarà denuncia»
L'atto di diffida porta la data di oggi ed è stato firmato dall’avvocato Mario Giuliano in rappresentanza di 53 cittadini costituitisi parti civili nei processi riguardanti lo scandalo dell’inquinamento da scorie industriali e altre sostanze nocive in Valsugana
Gli enti pubblici procedano entreo trenta giorni all’avvio della bonifica del sito inquinato di monte Zaccon, la ex cava a Roncegno che fu discarica abusiva di veleni, altrimenti scatterà un «esposto alla competente autorità giudiziaria ai sensi degli articoli 328 (rifiuto o omissione di atti d’ufficio), 378 (favoreggiamento personale) e 388 (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice) del Codice penale».
Lo si legge nell’atto di diffida che porta la data di oggi, firmato dall’avvocato Mario Giuliano, in rappresentanza di 53 cittadini costituitisi parti civili nei processi riguardanti lo scandalo dell’inquinamento da scorie industriali e altre sostanze nocive, in Valsugana.
Destinatari della diffida sono, fra gli altri, il presidente e la giunta provinciali; il sindaco e gli assessori del Comune di Roncegno; il dirigente dell’Agenzia per la depurazione della Provincia autonoma; il dirigente generale dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente.
Nel testo si menzionano, fra l’altro, le conclusioni cui si è giunti in sede giudiziaria, con la condanna al ripristino dello stato dell’ambiente del sito di Monte Zaccon, a carico di Simone Gosetti, l’ex amministratore della Ripristina Valsugana ed ex presidente di Sativa (sentenza del 22 febbraio 2011, confermata in Cassazione il 9 luglio scorso).
Il legale ricorda che la magistratura aveva accertato «che solo il 6,6% delle 419.074 tonnellate di rifiuti conferiti era ammissibile, e che, di queste, ben 55.057 tonnellate erano da classificarsi rifiuti pericolosi».
«Gosetti - scrive ancora Giuliano - non ha adempiuto neppure alla limitata intimazione di mettere in sicurezza il sito notificatagli ormai da diversi anni dal Comune di Roncegno.
Sorge pertanto l’obbligo per la Provincia e il Comune di Roncegno di procedere a ripristinare lo stato dell’ambiente in luogo del condannato inadempiente, e tale obbligo, oltre ad essere attuale, è pure urgente, stante che dai fatti sono trascorsi sette anni. Risulta invece che gli enti pubblici non intendano provvedere al ripristino, ma solamente a una messa in sicurezza palliativa, ritenendo, in base a loro accertamenti effettuati al di fuori del giudizio e volti evidentemente a svuotare di significato l’accertamento penale, che il sito sia sicuro per 300 anni. Tale affermazione si può senza timore definire fantasiosa dal punto di vista scientifico, impresentabile dal punto di vista politico, e criminale dal punto di vista giuridico per evidenti ragioni. Quello che è certo è che la messa in sicurezza non possa in alcun modo identificarsi con il ripristino e, per altro verso, che l’ente pubblico non possa ignorare un
accertamento penale».
Da qui la diffida, con l’intimazione all’ente pubblico di intervenere entro trenta giorni, almeno con l’avvio della procedura relativa all’intervento di bonifica, considerato un passaggio ineludibile data la gravità di quanto emerso nelle inchieste giudiziarie curate dal corpo forestale dello Stato.
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