Paolo, una vita vissuta al margine Dopo il processo gli aiuti e la voglia di una casa
Sono passati pochi giorni dal processo contro Paolo Beber, personaggio noto e benvoluto in città, condannato per furto di elettricità. La colpa di questo clochard è stata quella di aver «rubato l'energia elettrica» per vivere in una casa abbandonata di via Gocciadoro, proprio all'ingresso del parco. Casa di proprietà dell'Azienda sanitaria. Una struttura fatiscente, senza porta e finestre, della quale nessuno si occupa più da anni. La casa è situata dietro l'ospedale, ex dimora del custode. Da dieci anni vi abita Paolo Beber, classe 1963, e lì dal 2012 quest'uomo ha addirittura la sua residenza. La cosa ha dell'incredibile se si vedono le condizioni dell'edificio. «Feci domanda di residenza per questioni legate alla pensione e il Comune mi diede l'ok». Per dimostrarlo Paolo accende il cellulare e mostra le notifiche che gli sono arrivate dall'ufficio anagrafe e la carta d'identità nella quale la residenza è specificata. Via Gocciadoro 91, lo stesso numero che c'è affisso sul cancello d'entrata.
[[{"type":"media","view_mode":"media_large","fid":"274691","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"458","style":"float: right;","width":"480"}}]]Ora che il suo caso è salito alla ribalta della cronaca in molti si sono mobilitati per aiutarlo. «Vorrei una casa dove poter vivere dignitosamente insieme al mio cane Onny», ammette l'uomo. Fino ad ora solo promesse, ma nessuna certezza. In suo aiuto si stanno mobilitando invece concretamente dei cittadini. Una, in particolare, D.T., ha iniziato attraverso Facebook una raccolta di fondi. Ha attivato una card PostePay dove chiunque voglia aiutare quest'uomo può depositare del denaro. La carta rimarrà attiva per un mese, dopodichè la somma raccolta sarà consegnata all'avvocato dell'uomo per il pagamento delle spese processuali, delle bollette e delle eventuali spese per una futura casa. «Attualmente percepisco 250 euro al mese di pensione, ma devo dire che ci sono tante persone che mi danno una mano», racconta Paolo tenendo sempre d'occhio il suo cane. Onny, suo migliore amico come lo era stato per tanti anni Ronny.
Una vita travagliata quella di quest'uomo. Originario di Trento, dopo un'infanzia trascorsa a Madonna Bianca, Paolo ha incontrato la droga. Per anni si è trasferito in Liguria dove ha trascorso molto tempo in comunità per disintossicarsi. «Rientrato a Trento il 14 dicembre 1997, il primo gennaio 1998 già lavoravo presso la pescheria Boso», racconta. Lavoro che però Paolo perde quando ricade nel tunnel dell'eroina. «Ora però sono pulito - assicura - Dal 2005 non mi faccio più grazie all'aiuto mio cane Ronny. Niente più vizio nemmeno del gioco perché quelle macchinette non ti danno mai indietro niente. Mi rimane solo quello del fumo».
Nella vita di Paolo anche tante delusioni. Dopo il rientro a Trento dalla Liguria le difficoltà con i genitori, un matrimonio fallito, un figlio oggi maggiorenne che ha visto per l'ultima volta quando aveva 4 mesi, prima di entrare in comunità, e del quale oggi vede le foto su Facebook. E poi quel vagabondare senza punti di riferimento precisi. «Che non mi vengano a dire che io non la voglio una casa. Certo che la voglio. Se ho detto di no una volta è perché mi hanno offerto una casa dove non potevo portare il mio cane e per me non era accettabile perché senza di lui non potrei vivere. Ma come può una persona stare bene quando è un mese che non mi posso fare una doccia?». Fino ad ora Paolo ha ricevuto solo promesse. «Spero di non dover più fare un inverno come quello trascorso, con l'acqua che mi entrava in casa creandomi anche non pochi problemi di salute a causa dell'umidità». dice. Quanto al procedimento, la cosa che Beber non digerisce è il fatto che che nessuno gli abbia notificato la convocazione per l'udienza in Tribunale. «Mi sono arrivate le notifiche di Equitalia, ma nessuna giudiziaria. Se mi fosse arrivata avrei potuto difendermi. E invece così hanno raccontato quello che volevano». Una verità che, evidentemente, non è la sua.