A una 15enne negato il supporto dovuto La tristezza della mamma: «Istituto disumano»
La storia di Francesca (usiamo un nome di fantasia per non rivelare l'identità della protagonista) è una storia di impegno, di una fatica immane per tenere il passo degli altri e di una bocciatura a scuola. È anche la storia di una mamma che scopre le difficoltà della figlia e le chiede scusa per non averle capite prima. È la storia di isitutuzioni scolastiche che non hanno saputo comprendere e che, messe in condizioni di farlo, non hanno poi saputo rispondere. All'età di 15 anni, Francesca scopre di essere disgrafica (cosa che porta a fare molti errori di ortografia), discalcula (difficoltà con le operazioni matematiche) e - in forma lieve - dislessica. Difficoltà importanti, ma che si possono superare e che non impediscono di vivere una vita normale, completare gli studi e avere successo nel lavoro. Per questo, però, serve una diagnosi e serve l'umanità di aiutare chi si scopre con questo problema.
Francesca frequenta, nel 2014-2015, il primo anno di scuola in un istituto superiore di Trento ed è la sua mamma a raccontarne il percorso. «A metà ottobre sono andata a conoscere i docenti e il coordinatore di classe mi ha detto che Francesca non era all'altezza dell'istituto. Mi consigliava dunque di farla spostare in un'altra scuola». Mamma e figlia non si arrendono e il percorso continua. «A dicembre arriva la prima pagellina, con 7 materie insufficienti. A udienza mi ribadiscono che la ragazza dovrebbe cambiare indirizzo di studi». Ma le due sono determinate: alle elementari e alle medie la ragazza era andata bene e non si comprende questo calo. La mamma prende dunque appuntamento in ospedale, a psicologia clinica - neuropsichiatria infantile. La diagnosi potrebbe sembrare una condanna, invece è una rivelazione, l'inizio di un nuovo cammino. «L'alunna presenta un quadro clinico caratterizzato da disturbo specifico misto dell'apprendimento: disortografia e discalculia evolutiva con associate difficoltà nella memoria di lavoro verbale e visuo-spaziale». Del disturbo le due scoprono le caratteristiche ma, soprattutto, scoprono le contromisure. Tra le caratteristiche, i soggetti con questa difficoltà hanno ansia da prestazione e necessità di dare una buona immagine di sé, cose che spingono a trovare strategie che complicano il compito. Insomma: non riuscendo a svolgere le proprie mansioni nel modo consueto, trovano modi, molto più laboriosi, per non restare indietro. Serve invece garantire loro gratificazione e rassicurazione.
Gli insuccessi possono inoltre portare rapidamente a forte demotivazione. La diagnosi è il momento di una rinascita anche nel rapporto madre figlia: «Le ho chiesto scusa: per anni l'ho rimproverata perché non imparava le tabelline. Lei mi ha risposto: "Mamma, questo è il mio giorno di gloria"». Un lungo abbraccio e la ripartenza, con nuova fiducia. Ma come si rimedia a livello scolastico? Lo spiegano i medici: «Concedendo l'uso della calcolatrice e della tavola pitagorica» ad esempio; infatti: «In matematica è passata dal 4 al 6 e mezzo». Può essere funzionale la scrittura al computer anziché a mano «La scuola non lo aveva, e l'ho messo a disposizone io». Molte altre indicazioni utili riguardano il modo in cui si possono svolgere le verifiche, privilegiando ad esempio gli orali agli scritti.
Una domanda si fanno Francesa e la mamma: come ha fatto la ragazza a cavarsela bene finora? Le risponde il medico: «I ragazzi sanno mettere in atto meccanissmi di compensazione fortissimi». Un esempio: durante una prova di matematica Francesca si scriveva, su un foglio a parte, le tabelline. Sapeva dunque risolvere problemi complessi, ma magari un semplice «6 per 4» rappresentava un ostacolo. Torniamo alla scuola. A fine gennaio, la mamma porta all'istituto la certificazione medica, con la richiesta di un diverso trattamento. A Francesca dovrebbero essere fatte fare prove diverse, ma pare che questo non avvenga. A febbraio la mamma scrive alla dirigente ma giunge di nuovo il vecchio messaggio: «La ragazza non è adeguata a questa scuola».
«Dai primi di marzo le verifiche vengono finalmente differenziate» racconta la mamma. Un episodio merita di essere raccontato non per la gravità del fatto, ma per la bella e spiritosa risposta data dalla mamma. «Il docente di diritto è arrivato a dirmi che Francesca doveva cambiare scuola ma non sapeva nemmeno dirmi in quale mandarla, visto che manifestava anche poche capacità manuali. Ho dunque ribattuto: "Ma voi nell'ora di diritto rilegate la Costituzione? Altrimenti non capisco come facciate a valutare le capacità manuali». Comunque gli studi continuano: «Avevamo fatto il conto di attenderci tre debiti formativi, invece ne sono arrivati 5 e la bocciatura. Durante quest'anno avrei voluto vedere la copia delle verifiche, perché anche il modo in cui si corregge deve adattarsi. Ho potuto averla solo dopo che ho coinvolto un avvocato. Ho mostrato quei fogli alla psicologa e lei mi ha confermato che non erano state adottate le misure adeguate».
Una storia difficile dunque, di amarezze ma anche di riscoperta delle proprie capacità. Un anno è andato perso, ma il problema è relativo. Francesca ora è serena e con lei anche la sua famiglia: l'anno prossimo si riparte, in un'altra scuola e in un'altra città, ma con lo stesso tipo di studi, perché Francesca è determinata, si è scelta un percorso e ha aspirazioni professionali ben precise. Arriverà alla nuova esperienza più forte e più attrezzata. Racconta ancora la mamma: «Ho trovato importante supporto dall'associazione degli universitari dislessici, sono stati gentilissimi. Io ancora mi sento in colpa per aver sgridato mia figlia, ma noi ci siamo chiarite. Invece la scuola ha manifestato davvero scarsa umanità. Io ho sbagliato e mi sono corretta, la scuola non ha capito, ha sbagliato e ha perseverato nel suo comportamento. Ha dato l'impressione di volersi mantenere al di sopra, lontana da chi ha una difficoltà. Un atteggiamento altezzoso».