Primari, dubbi sul lavoro extra in strutture private
Un tempo i medici potevano esercitare la libera professione anche all'esterno. In ambulatori e strutture private purché non concorrenziali con l'Azienda sanitaria. Poi ci fu il giro di vite: solo intramoenia, ossia negli ambulatori dell'ospedale. Ora questa nuova apertura, con la possibilità, nel fine settimana, di poter andare a lavorare in strutture private in provincia o fuori.
Decisione che ha lasciato perplessi molti professionisti. La consulenza accordata al nuovo primario di ostetricia e ginecologia dell'ospedale di Rovereto che il sabato, per 8 ore, presterà attività libero professionale a Brescia per un compenso di 120 mila euro all'anno (ai quali va tolta la percentuale che di diritto spetta all'Azienda sanitaria) è sicuramente il caso più recente ed eclatante.
Per il presidente dell'Ordine dei medici, Marco Ioppi, che, ironia della sorte, fino a pochi mesi fa ricopriva proprio l'incarico di primario di ginecologia a Rovereto, «occorre capire le funzioni delle consulenze». «In un momento in cui dobbiamo recuperare mobilità attiva, possono essere anche rispondenti a questo obiettivo. Se ho medici che escono fuori provincia, questi possono essere in grado di far arrivare pazienti. Il nostro problema più grosso, però, è quello della mobilità passiva, ossia abbiamo lunghe liste d'attesa per vari esami e abbiamo pazienti sono vanno fuori regione per poterli effettuare in tempi accettabili. L'Azienda dovrebbe spiegare quali sono i vantaggi ad autorizzare i professionisti a lavorare fuori provincia e se questo non vada a cozzare contro gli interessi dei pazienti».
L'apertura per alcuni professionisti potrebbe poi creare qualche divisione. «Si era optato per la libera professione intramoenia perché, soprattutto per i primari, si era detto che era importante che loro fossero comunque in sede, pronti eventualmente ad intervenire e dirigere in caso di emergenze. Queste nuove scelte vanno chiaramente a negare questo principio». Se un aspetto positivo si vuole trovare, Ioppi lo vede nel prestigio che questi professionisti possono portare all'Azienda, nella conferma che, essendo richiesti fuori, siano professionisti di un certo peso. «L'importante è comunque che il loro lavoro fuori non vada a sguarnire quei servizi di controllo che è importante che il primario faccia».
Altro aspetto importante, per Ioppi, è che tutti i medici vengano messi nelle condizioni di accedere alle convenzioni se queste si riconosceranno utili per il servizio sanitario e non rimangano invece prerogativa di pochi. «Come Ordine non vorremmo che l'Azienda ne facesse solo una questione economica, per incassare la parte percentuale dell'introito che gli spetta, o che fosse il risultato di una specie di ricatto che i professionisti fanno per lavorare in Trentino».
Per il presidente, in Provincia «dovremmo avere altri motivi di attrazione; dovremmo offrire altre gratificazioni. L'Azienda dovrebbe valorizzare il personale non solo dando la possibilità di andare a lavorare all'esterno, ma garantendo un organico adeguato e strumenti all'avanguardia per offrire i migliori servizi».