Ilaria Cucchi: sta emergendo la verità, mio fratello massacrato
È durato poco meno di un’ora l’incontro «di cortesia» tra Ilaria Cucchi e il suo legale, Fabio Anselmo, col procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e col pm Giovanni Musarò, per un confronto sull’inchiesta-bis che mira a far luce sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra romano deceduto nell’ottobre 2009 in ospedale, una settimana dopo il suo arresto per droga. Inchiesta-bis nata dopo l’assoluzione in appello di sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria, che vede allo stato iscritto nel registro degli indagati un maresciallo dei carabinieri per l’ipotesi di reato di falsa testimonianza.
«L’inchiesta è molto avanti - ha detto l’avvocato Anselmo - e l’interesse della procura oggi è sugli aspetti medico-legali e sulle cause della morte. Certo è che se il carabiniere è indagato per falsa testimonianza, lui non può essere stato da solo; a cascata, ci saranno tante altre false testimonianze».
«Siamo vicini a una svolta», «dopo sei anni difficilissimi nei quali non ci siamo mai fermati, con il nostro aiuto, dalla procura di Roma percepisco la volontà di arrivare alla verità. E questa è l’unica cosa che mi interessa davvero: la verità», ha commentato Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, spiegando che i due testimoni importanti fino a oggi rimasti in silenzio, che hanno permesso la svolta «sono due carabinieri: sanno che mio fratello è stato picchiato. Ci hanno contattati e noi li abbiamo portati in procura. Non hanno assistito ai fatti, ma sanno come andarono le cose quella notte».
«Hanno sentito - racconta - il comandante della stazione (il maresciallo Mandolini, indagato insieme all’appuntato Di Bernardo per falsa testimonianza) parlare della cosa, dei momenti concitati che ci sono stati quella notte. L’hanno sentito lamentarsi del fatto che la situazione era sfuggita di mano e non sapeva come fare».
«Altri ci hanno contattato - aggiunge quindi Ilaria Cucchi - e racconteranno finalmente come sono andate veramente le cose quella notte in caserma. Finalmente si potrà stabilire che è stato un omicidio».
La difesa ha consegnato alla Procura l’audio di una telefonata in cui il tecnico radiologo ausiliario Beatrice Feragalli, che coadiuvò nella perizia disposta e effettuata nel giudizio di primo grado, dice ad un giornalista che la vertebra lombare di Cucchi non era valutabile perchè non intera, bensì sezionata. La difesa sottolinea però che sei anni fa nella perizia c’era scritto che in sede lombare c’era solo una frattura decalcificata non recente. E questo fatto si aggiunge agli esiti di una consulenza tecnica depositata nei giorni scorsi, secondo la quale è sfuggita all’attenzione dei periti l’esistenza di una frattura lombare ‘recentè, invece visibile chiaramente dalla Tac.
«Oggi nell’ufficio del procuratore Pignatone si respirava un’aria diversa. Gesti, parole e dialoghi di persone che hanno voglia di capire. Che collaborano», scrive nel suo profilo Facebook Ilaria Cucchi.
«Foto e documenti sparsi sulla scrivania del procuratore capo. Orecchie ed occhi attenti dei due magistrati.
Parole importanti. Programmi di lavoro. Un’aria diversa. Voglia di capire. Voglia di studiare.
Sicuramente hanno capito che noi siamo persone perbene e che vogliamo soltanto la verità.
Qualunque essa sia.
Non saranno le insinuazioni sommesse, le telefonate “autorevoli” alle redazioni, o le presunte “verità” sussurrate nei corridoi ad occultarla. Non serviranno le intimidazioni o le minacce o le calunnie a nasconderla.
“Procuratore - ho detto io alla fine - immagino che non possiate dirmi nulla, ma riusciremo ad arrivare alla verità?”
La stretta di mano e l’espressione del procuratore sono state inequivocabili.
La avremo.
È ora che qualcuno inizi a preoccuparsi sul serio per la propria coscienza.
E dopo tutte le telefonate di cui parlavo prima ce ne sarà una che dovrà essere fatta: alla famiglia Cucchi. Una telefonata di scuse».