Matrimoni misti stoppati dalla sharia
Lui italiano, lei marocchina costretti a fare ricorso al tribunale civile per potersi sposare in Comune a Trento
Questi matrimoni non s'hanno da fare. In tempi di globabilizzazione e società multietnica quello che le autorità marocchine e di altri paesi arabi tentano di fare - impedire i matrimoni tra donne musulmane e uomini di altre fedi - appare davvero fuori dal tempo. Eppure molte coppie miste per superare il muro di gomma frapposto dalle autorità consolari dell'aspirante sposa sono costretti a ricorrere alla giustizia italiana per superare la «sharia».
L'ultimo caso è di questi giorni. Una storia d'amore come tante tra un lui trentino e una lei marocchina. Vorrebbero sposarsi ma proprio quando tutto è deciso, e magari il ristorante già prenotato, arriva lo stop imprevisto: il consolato marocchino, - in questo caso la sede di Verona - nega il nullaosta richiesto dal nostro codice civile per verificare che lo sposo straniero non sia già coniugato nel suo paese d'origine. Nonostante la sposa abbia fatto più visite alla sede consolare il sospirato certificato non è mai arrivato. Ed anzi non è arrivato neppure un diniego scritto che potesse essere utilizzato per un ricorso giudiziario. La risposta è stata il nulla nel vero senso della parola.
Gli sposi a questo punto hanno tentato l'unica via possibile - l'altra, difficilmente percorribile, sarebbe stata la conversione dello sposo alla religione islamica, in tal caso il consolato avrebbe rilasciato il nullaosta - la strada giudiziaria. La coppia si è rivolta all'avvocato Nicola Degaudenz che ha seguito diversi procedimenti di questo tipo in Trentino ma anche nel resto d'Italia.
Il primo passo da fare è creare un appiglio giuridico su cui fondare un ricorso. Visto che il consolato non ha dato un formale diniego, in questi casi agli sposi non rimane che chiedere al Comune le pubblicazioni di matrimonio. Richiesta che l'amministrazione, correttamente, deve respingere perché manca la prescritta dichiarazione consolare per la sposa straniera. A questo punto si presenta un ricorso al Tribunale civile chiedendo ai giudici di autorizzare l'ufficiale dello stato civile - in questo caso di Trento - a procedere alle pubblicazioni. In genere il ricorso viene accolto e - finalmente - il matrimonio può essere celebrato.
A novembre il Tribunale di Trento ha accolto un ricorso analogo presentato dall'avvocato Francesca Iori per una coppia di sposi delle Giudicarie, anche in questo caso lei marocchina e lui italiano. Secondo i giudici poteva ritenersi provato «che il mancato rilascio del nullaosta da parte del consolato competente sia conseguente al fatto che il futuro sposo non si è convertito all'Islam, ciò si ricava dalla comunicazione nella quale il certificato di conversione all'Islam viene indicato quale documento necessario per il rilascio della nullaosta per il matrimonio». Secondo il Tribunale «è contrario all'ordine pubblico la previsione di un impedimento al matrimonio conseguente alle convenzioni religiose di uno degli sposi, posto che tale previsione contrasta con i principi costituzionali della libertà di religione, della libera determinazione di ciascun soggetto della piena esplicazione della propria personalità anche attraverso la formazione di un nucleo familiare».
«Queste coppie - sottolinea l'avvocato Degaudenz - si trovano di fronte a situazioni kafkiane che possono essere superate solo per via giudiziaria. L'aspetto paradossale è che il divieto previsto dall'ordinamento marocchino, e con sfumature diverse anche da altri paesi arabi, non vale nel caso opposto, quando cioè è un uomo musulmano a sposare una donna cristiana».