Salgono a oltre 3.500 gli sfollati assistiti nei centri di accoglienza
Sono 3554 le persone assistite nei campi e nelle strutture allestite dopo il terremoto.
Lo comunica la Protezione civile.
Alla stessa ora di ieri le persone assistite erano 2.925.
Secondo i dati forniti dalla Protezione civile: 999 persone hanno trovano alloggio nelle strutture messe a disposizione nella Regione Lazio, in 1351 nelle Marche, 1072 persone nelle aree e strutture predisposte in Umbria, mentre un centinaio di persone risultano alloggiate in aree allestite in Abruzzo.
La disponibilità complessiva è di oltre 5871 posti, ai quali si aggiunge la possibilità di predisporre ulteriori moduli secondo necessità.
La situazione ricorda quanto avvenne con il sisma di quasi vent’anni fa.
Undicimila scosse di terremoto, dalla prima dell’ottavo grado della scala Mercalli la notte del 26 settembre 1997, a tutta la primavera del 1998: il terremoto di Umbria e Marche del 1997 fece fortunatamente un esiguo numero di vittime nel versante marchigiano (quattro persone), ma nella regione danneggiò 22.000 edifici privati, con 3.740 abitazioni evacuate in 176 comuni, 2.385 chiese e i monumenti lesionati, per un danno materiale stimato in 8.470 miliardi. Il sisma di magnitudo 6 del 24 agosto ad Arquata, Pescara del Tronto, Montegallo, ha fatto molte più vittime (50 persone), ma per ora circa 1.900 sfollati. In gran parte sono sistemati nelle tende, in attesa di poter ottenere casette di legno o container.
Dopo il disastro del ‘97, nel giugno di tre anni dopo ‘solò 338 nuclei familiari (922 persone, molti extracomunitari) delle 1.067 iniziali vivevano ancora nei moduli abitativi, e 1.380 in alloggi alternativi: per 629 famiglie il container, all’epoca strutture molto più scomode di quelle attuali. Era già un incubo finito. La ricostruzione leggera (i lavori che consentirono a molte persone di rientrare subito nelle loro case) era già stata quasi completata e quella pesante avviata. Fra i dati in negativo, la lentezza con cui privati presentarono i progetti, a causa di vincoli burocratici ma anche del fenomeno dell«accaparramentò dei lavori da parte dei tecnici, ingegneri, architetti e geometri che in molti casi fecero »incetta« di incarichi.
In montagna (Serravalle di Chienti, Campodonico, Belvedere) tre mesi dopo il terremoto erano già state piazzate 195 case di legno, e nel dicembre del 2000 nei moduli abitativi erano rimaste un centinaio di famiglie.