Renzi, via anche dalla segreteria Pd? Nel partito scoppia la resa dei conti
Matteo Renzi ieri è salito al Quirinale: 30 minuti di colloquio con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Si parla di dimissioni formali dopo il varo della manovra. E ora si parla anche di probabili dimissioni dalla segreteria del Partito Democratico che, dopo il fallimento del referendum e della campagna «Basta un Sì» (che ora suona come uno slogan-beffa), appare più diviso che mai.
Sulla carta c’è la maggioranza «renziana» del partito, circa l’80% in assemblea e in direzione. E c’è la minoranza bersaniana e cuperliana. Ma è molto più variegata la galassia interna al Partito Democratico. Almeno sette-otto grandi correnti, che potrebbero tornare a far sentire ciascuna la propria voce nelle prossime ore, quando si dovrà decidere come andare avanti dopo le dimissioni da premier di Matteo Renzi a seguito della vittoria del No al referendum.
Oggi pomeriggio alle 15 si riunirà la direzione, durante la quale Renzi potrebbe rassegnare le dimissioni: in questo caso l’anno prossimo il Pd celebrerà il proprio congresso.
Questa al momento la geografia delle varie anime del Pd:
RENZIANI
Sono i fedelissimi del premier-segretario. Tra loro Maria Elena Boschi, Lorenzo Guerini, Debora Serracchiani e Luca Lotti. Un profilo leggermente distinto lo hanno assunto nel tempo i cosiddetti «cattorenziani», da Graziano Delrio a Matteo Richetti e Angelo Rughetti, ma non si sono mai costituiti in area autonoma. Dopo le elezioni 2013, con Bersani segretario, i parlamentari renziani erano in tutto una cinquantina.
AREA DEM
La componente guidata da Dario Franceschini, che è entrata in maggioranza sostenendo Renzi al congresso e poi la sua decisione di sostituire Letta. È la rappresentanza più nutrita in Parlamento. Tra i suoi esponenti anche i capigruppo di Camera e Senato Ettore Rosato e Luigi Zanda.
GIOVANI TURCHI
È l’area che raccoglie un gruppo di quarantenni di provenienza Ds. È guidata dal ministro Andrea Orlando e dal presidente del partito Matteo Orfini. Al congresso del 2013 sostenevano Gianni Cuperlo, poi sono entrati nella maggioranza del partito.
SINISTRA E CAMBIAMENTO
Èla componente che fa capo al ministro Maurizio Martina. Si è staccata dalla minoranza del partito, assumendo una posizione «responsabile», nel voto sull’Italicum, poi ha sostenuto il Sì al referendum.
SINISTRA RIFORMISTA
L’area bersaniana è la componente più numerosa della minoranza. Guidata dall’ex capogruppo alla Camera Roberto Speranza, dopo la rottura con Renzi sulla legge elettorale, si è schierata per il No al referendum.
SINISTRA DEM
È l’area che fa capo a Gianni Cuperlo. Dopo l’accordo sulle modifiche all’Italicum, si è schierata per il Sì al referendum costituzionale.
RETE DEM
Sono gli ex civatiani, che non hanno seguito Pippo Civati fuori dal Pd, ma sono rimasti fuori dalla maggioranza del partito. Tra gli esponenti, la prodiana Sandra Zampa e il senatore Sergio Lo Giudice.
POPOLARI
Sono le componenti che facevano capo a Enrico Letta e Rosy Bindi si sono formalmente sciolte. I popolari di Beppe Fioroni, che al congresso avevano appoggiato Cuperlo, non sono entrati negli organi di partito e quindi nella maggioranza, ma sono considerati vicini ai «cattorenziani» e hanno sempre sostenuto Renzi, dal jobs act alle riforme.
OUTSIDER
Dal presidente della Toscana Enrico Rossi, già formalmente candidato alla segreteria, al presidente della Puglia Michele Emiliano, che si è schierato sul No al referendum, sono soggetti che al momento sono fuori da altre correnti ma potrebbero entrare in gioco al prossimo congresso.