Si dichiara musulmano per non pagare la cresima
Val di Non, pur di non pagare le spese per la festa del figlio affidato alla moglie l'ex marito cambia religione
Quando un matrimonio naufraga non di rado si va a litigare su tutto: ex mogli che rivendicano il diritto all’assegno del mantenimento dei figli (che nella maggior parte dei casi vengono affidati alla madre) ed ex mariti che si sentono derubati di affetti, casa e assegni mensili.
Tutto diventa oggetto di possibile scontro, anche le spese per la festa della cresima del figlio. Chi paga il conto della cerimonia, che tra regali, abiti, pranzi al ristorante può diventare parecchio salato?
La festa per la cresima si può considerare spesa straordinaria, a cui dunque devono compartecipare entrambi i genitori al 50%? Che succede se uno dei coniugi non è d’accordo perché ateo o appartenente ad un’altra fede?
Il tema, sempre più di attualità visto il crescente numero di matrimoni tra genitori di religioni diverse, si è posto in un caso di separazione approdato in Tribunale a Trento.
Il caso per molti aspetti è simile a migliaia di altri: dopo quasi 20 anni di matrimonio (le nozze erano state celebrate, con rito civile, nel 1997) la coppia, della valle di Non, «scoppia».
Poco importano in questa sede le ragioni, che sono sempre personali e dolorose: diciamo solo che a motivi di natura sentimentale si sono aggiunte altre difficoltà. In particolare la crisi economica, che aveva investito l’azienda del marito mettendo sotto pressione anche le relazioni familiari.
Così nell’ottobre del 2015 viene presentata la richiesta di separazione, inizialmente partita come giudiziale e poi riportata nei binari della consensuale.
È una fase burrascosa, ma delicata visto che ci sono due figli di 19 e 13 anni. Come in genere accade in questi casi è il marito a dover fare le valigie e lasciare la casa che era anche sua.
L’uomo deve pagare anche un assegno mensile di mantenimento. Una emorragia mensile nelle finanze di lui, ma è soprattutto sulle spese straordinarie che c’è da discutere. Oltre a spese inconsuete, come il conto del meccanico, la donna chiede che l’ex marito si sobbarchi metà delle spese per la cresima del figlio.
A questo punto l’ex marito si irrigidisce: «Non pago, sono di religione musulmana...», dichiara in udienza pur essendo un trentino doc sposato ma con rito civile. Il giudice nella sentenza di separazione, ovviamente, non fa cenno alle spese per la cresima. Si è limitato a dire che i genitori devono entrambi concorrere alla formazione, anche religiosa, dei figli.
L’ormai ex moglie ora ha due possibilità. Pagare lei il conto per la cresima abbandonando quest’ultimo terreno di scontro; oppure pagare e poi chiedere al marito il concorso del 50%. In tal caso se lui non dovesse versare la sua parte, come ha già anticipato dichiarandosi musulmano, il caso rischia di tornare davanti al giudice per stabilire se il conto per la festa debba rientrare o meno tra le spese straordinarie.
Sotto questa voce vanno anche le spese - come ha stabilito una sentenza del 2011 del tribunale di Ragusa - «per il ricevimento e il servizio fotografico in occasione di comunione e cresima» e addirittura i costi «per il parrucchiere e per il regalo alla madrina». Ma se il padre si dichiara musulmano (o ateo o buddista) il caso si complica.