Donna massacrata di botte Condannati due pakistani

di Flavia Pedrini

Massacrata di botte. Colpita con calci e pugni, fino a farla svenire e procurarle la rottura di un rete. Vittima della brutale aggressione - avvenuta nel luglio 2014 in un negozio di Trento - una donna trentina di 40 anni, «colpevole» di avere invitato il titolare alle buone maniere, dove che questi aveva insultato senza motivo lei ed i suoi amici.

I due presunti aggressori, entrambi pakistani - uno di 46 anni, il titolare e l'altro di 28, suo nipote - ieri mattina sono stati condannati dal giudice Enrico Borrelli a tre anni di reclusione e all'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. I due sono stati inoltre condannati al risarcimento del danno alla vittima, costituitasi parte civile attraverso l'avvocato Giovanni Guarini, da liquidarsi in separata sede civile. Il giudice ha però riconosciuto alla donna una provvisionale di 50mila euro da pagare in solido fra i due imputati, oltre al pagamento delle spese per la costituzione.

La vicenda approdata in Tribunale risale all'estate 2014. La vittima si era recata presso il negozio, nella zona degli uffici provinciali, insieme ad un gruppo di amici, con l'intento di prendere alcune bibite e alimenti da portare via. L'esercizio commerciale in quel momento - erano circa le 19 - era piuttosto affollato, ma gli acquisti si sarebbero conclusi senza problemi. L'aggressione, secondo quanto ricostruito dall'accusa, sarebbe scattata all'esterno, dove la vittima e il resto della comitiva stavano parlando tranquillamente. All'improvviso qualcuno degli avventori avrebbe insultato il titolare del negozio. Per tutta risposta il pakistano avrebbe preso a male parole la donna e il resto degli amici, invitandoli con parole tutt'altro che eleganti ad andarsene. 

La 40enne, a quel punto, visto che nessuno di loro aveva detto niente e che gli insulti erano invece partiti da un'altra persona che nemmeno conoscevano, ha chiesto conto al titolare di quei modi sgarbati, chiarendo che sia lei che il resto degli amici non avevano fatto nulla di male e che certo non lo avevano offeso.

Ma ai tentativi di avere un chiarimento civile, i due imputati avrebbero risposto invece con la violenza. Il titolare prima e il nipote poi, si sarebbero scagliati contro di lei, colpendola con calci e pugni. La donna, in balia di quella brutale reazione, è caduta a terra svenuta.

Solo a quel punto gli amici, che avrebbero tentato invano di bloccare i due imputati, sarebbero riusciti a portare via la donna e a chiamare i soccorsi. Sul posto era arrivata l'ambulanza, che aveva portato la trentina all'ospedale Santa Chiara, per gli accertamenti e le cure necessarie. 

Le conseguenze di quel pestaggio furono pesanti: la donna, infatti, riportò traumi gravi, in particolare la rottura del rene sinistro, e dovette sottoporsi ad un lungo periodo di degenza (la prognosi superava i 40 giorni). E nonostante le cure e le terapie il recupero non sarebbe stato comunque totale, tanto che la funzionalità del rene sarebbe comunque stata irrimediabilmente compromessa.

La donna, non appena le condizioni di salute glielo hanno permesso, ha deciso di sporgere formale denuncia per quanto successo. I due pakistani, come detto, sono finiti a processo con l'accusa di lesioni personali aggravate. Attraverso il suo legale la vittima si è costituita parte civile ed ha chiesto un risarcimento di 200 mila euro, viste le gravi lesioni riportate nel pestaggio.
Il processo si è concluso con la condanna di entrambi gli imputati, che dovranno anche pagare una provvisionale di 50mila euro alla donna.

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