Il dolore della famiglia della piccola Anaya, morta a 16 mesi «Per noi è stata un regalo, ci mancherà per sempre»
«Anaya nella nostra lingua significa regalo da parte di Dio e lei è stata proprio un grande regalo per la nostra famiglia. Mi mancherà per tutta la vita».
Shamsher Khan, 45 anni, pakistano, da 15 anni in Trentino, è il papà della piccola caduta sabato sera dal quarto piano dell’abitazione di Piedicastello dove si era recata insieme alla mamma e ai fratelli a trovare una famiglia di connazionali.
Mentre parla sembra che gli occhi di quest’uomo non abbiano più lacrime per piangere. «Mia moglie all’inizio era sotto shock, chiedeva della bambina quasi non si fosse resa conto dell’accaduto. Ora è tornata in sé ma per tutti è un dolore enorme».
A non sapere ancora della morte della piccola Anaya sono i fratelli più piccoli. In tutto i figli della famiglia Khan erano cinque. Anaya era l’ultima nata, era venuta la mondo il 12 ottobre del 2016. La più grande, che frequenta le scuole Savio, nel rione di S.Giuseppe, ha 10 anni, ed è l’unica che si è resa conto di quanto accaduto. I tre di mezzo, due dei quali frequentano la materna a Maso Ginocchio, ancora chiedono della sorellina. «Dove è?», domandano a mamma e papà che ancora non hanno avuto la forza di raccontare loro le tragiche conseguenze di quel salto nel vuoto.
Quando parla della piccola Anaya a papà Shamsher si illuminano gli occhi d’orgoglio. «Era una bambina molto precoce. Aveva appena 18 mesi, anzi 17 mesi e 3 settimane, ma sapeva già parlare e camminare bene. Era una bambina vivace e piena di gioia. La cosa assurda è che pochi minuti prima aveva detto alla mamma che voleva andare a casa. Poi è accaduto l’incidente».
Il papà non vuole entrare troppo nei particolari della tragedia anche perché in quel momento non si trovava nella casa di Piedicastello ma è accorso appena è stato chiamato. Nella camera «maledetta» c’erano solo sua moglie e le due figlie più piccole. La donna stava pregando, le due piccole giocando. È stato un attimo e la bambina è volata giù senza che nessuno potesse fare nulla. «Mia moglie è stata la prima a soccorrerla. Le ha tenuto la mano. Poi è arrivata l’ambulanza, i medici. Quando le hanno detto che non c’era niente da fare è crollata».
Molti della comunità pakistana ieri si sono stretti attorno alla famiglia Khan. «Lavoro da 13 anni alla carpenteria e serramentistica Metallica, verso Spini, ma da più di un mese sono a casa per un problema alla spalla. Mi hanno scritto tanti colleghi e alcuni sono anche venuti. Sono stati tutti vicini anche perché abbiamo bisogno di sostegno, qui siamo da soli».
A Trento la famiglia Khan ha solo un cugino. I sette fratelli di lui e i quattro della moglie vivono tutti in Pakistan dove la famiglia era tornata per una visita durante le vacanze di Natale e vi era rimasta per qualche settimana. «Era la prima volta che le nostre famiglie vedevano Anaya ed era stata una festa».