Presa di mira dai bulli in terza media I genitori decidono di tenerla a casa
Una ragazzina di terza media presa di mira con insulti razzisti e sessisti. I genitori che, di fronte alla mancata punizione del responsabile, decidono di tenerla a casa per circa un mese perché considerano non più sicura la scuola. E la fanno rientrare solo per sostenere gli esami di terza media.
La vicenda di bullismo avvenuta l’anno scorso in una scuola della nostra provincia è stata resa pubblica ieri da Claudio Cia di Agire nel corso del dibattito in Consiglio provinciale sul disegno di legge che intende introdurre strumenti antibullismo.
Cia, ha letto in aula una lettera di due genitori di una ragazza, presa di mira con un biglietto di pesanti offese da parte dei suoi compagni, ad un dirigente scolastico nella quale si lamenta la scarsa concretezza delle risposte e la solitudine nel quale rimangono confinate le vittime degli epidodi di bullismo. Una lettera nella quale si afferma che la scuola non è un luogo sicuro anche a causa dell’impossibilità di punire i protagonisti di questi atti.
I genitori, alla fine, hanno comunicato che la ragazza, come è accaduto, si sarebbe recata a scuola solo per gli esami finali di terza media. Cia ha letto anche la replica del dirigente che ha riconosciuto la gravità del fatto, dichiarando la consapevolezza che spesso la scuola è impotente di fronte a queste situazioni. Il Dipartimento della conoscenza, ha aggiunto Cia, informato del fatto, avrebbe dovuto intervenire per non lasciare sola questa famiglia. Cia, inoltre, ha aggiunto il consigliere, la paura da parte degli insegnanti di intervenire nei confronti dei bulli perché rischiano di finire in tribunale denunciati dai genitori.
La vicenda, tra l’altro, mette in evidenza come il razzismo strisciante sia presente anche tra i ragazzini delle medie. Nella lettera di insulti infatti i compagni fanno riferimento in maniera spregiativa al colore della pelle della ragazzina e le danno della prostituta. La scuola aveva comunque spiegato ai genitori che l’istituto si era messo a difesa della figlia, chiedendo ai responsabili una lettera di scuse per quanto scritto. E il dirigente scolastico aveva chiarito come tra gli studenti non coinvolti, la maggioranza, nella scrittura della lettera di insulti, si era manifestata solidarietà e affetto verso la ragazzina.
I genitori, come letto da Cia, avevano però scritto che la scuola, a loro parere, aveva lasciato «la vittima in balia di se stessa», garantendo «l’intoccabilità, l’impunibilità e la libertà di azione del soggetto» colpevole. Per questa ragione hanno ritenuto che la scuola non fosse «un posto sicuro» per la figlia e l’hanno tenuta a casa da metà maggio circa fino «all’esame finale» di terza media.