Litiga con la convivente Guardia viene disarmata
Un violento litigio con la compagna, accompagnato da una serie di atteggiamenti strani (come la presenza di cimici e telecamere montate in casa), costa caro ad una guardia giurata. Il Questore è intervenuto non solo con un provvedimento di ammonimento a non proseguire con le condotte violente, ma ha anche ritirato in via cautelare l’arma, le relative munizioni e il porto d’armi per difesa personale.
Le conseguenze per la guardia giurata sono state pesanti: non potendo lavorare è a casa in aspettativa non retribuita. Il Tar però ha respinto il ricorso della guardia rilevando che l’intervento della Questura era giustificato dalla necessità di tutelare la sicurezza pubblica.
La vicenda è singolare perché sono trascorsi due anni dal violento alterco tra conviventi che indusse la Questura ad ammonire la guardia giurata. Questi peraltro negava la violenza parlando di una banale spinta che aveva fatto cadere la donna sul divano. Inoltre nelle more del procedimento amministrativo la donna è deceduta, stroncata da un infarto. Ma questo non ha fatto venir meno i provvedimenti amministrativi in quanto secondo i giudici la morte della donna «non assume rilevanza alcuna».
Certo sulla decisione di «disarmare» la guardia giurata hanno pesato gli atteggiamenti bizzari, e a tratti inquietanti considerando che l’uomo aveva a disposizione una pistola, da parte del ricorrente.
«L’episodio di violenza domestica risalente a due anni prima segnalato dalla convivente - si legge in sentenza - risulta sostanzialmente ammesso dall’interessato nei suoi elementi fattuali. A ciò vanno aggiunti atteggiamenti di violenza psicologica (minacce esplicite rivolte alla convivente e installazione di telecamere e “cimici” nella dimora della coppia) ugualmente non contestati dall’interessato. Pesano, inoltre, indubbiamente anche i riferiti aspetti problematici della personalità del ricorrente (ad esempio comunicare esclusivamente con biglietti poi stracciati, asserire di parlare con l’aldilà e di essere perseguitato da “un’anima”) dai quali emerge un quadro sintomatico di una situazione suscettibile di degenerare in ulteriori violenze. Sulla base dei principi sopra richiamati il segnalato comportamento, eccedente la soglia dell’occasionalità e della mera stranezza, appare ben idoneo a giustificare il decreto di ammonimento impugnato».
I giudici sottolineano che i provvedimenti di ammonimento «sono adottati dal Questore nell’ambito di un potere valutativo ampiamente discrezionale».
In questo caso il giudizio prognostico svolto «circa il rischio di abuso dell’arma da parte dell’ammonito sul presupposto di fatti di violenza domestica non manifesta profili di palese irragionevolezza, travisamento ed arbitrarietà. A fronte del preminente interesse alla sicurezza pubblica, anche ragioni di tutela di esigenze primarie, quale l’interesse privato del ricorrente a poter svolgere la propria attività lavorativa, sono destinate a recedere».