Coppia a processo per circonvenzione
Da una parte c’è una nipote che sostiene di essersi presa cura dell’anziana zia e di avere fatto altrettanto con un cugino, attingendo ai conti correnti, insieme a suo marito, per accudirli e comunque in modo del tutto legittimo. Dall’altra ci sono i dubbi sorti intorno ad un testamento che lasciava tutti i beni dell’anziana alla prima donna e la denuncia sporta da un’altra nipote, nominata amministratrice di sostegno dell’anziano cugino dopo la morte della zia, che - di fronte alle decine di prelievi effettuati - ha sporto denuncia, convinta che la coppia avesse indotto i due anziani a disporre in loro favore ingentissime somme di denaro. Se davvero marito e moglie trentini abbiano approfittato della fragilità dei due anziani dovrà stabilirlo un giudice, davanti al quale sono finiti due coniugi trentini, accusati di circonvenzione di incapace e di essersi intascati 549.743,50 euro. Ma il conto presentato da altri tre familiari, che si sono costituiti parte civile con l’avvocato Giuliano Valer, è ancora più salato: 800 mila euro, tenuto conto dei danni, ma anche delle sofferenze, patite per questa vicenda.
I fatti al centro del procedimento penale sono successi a Trento tra il 2011 e il 2015 e, come spesso capita in simili contenziosi, la versione delle due parti appare inconciliabile. La coppia a processo, difesa dagli avvocati Elena Biaggioni e Mario Murgo, respinge in toto le pesanti accuse. Secondo l’accusa, sostenuta dal pm Carmine Russo, la nipote e suo marito avrebbero indotto l’anziana zia (morta nel 2015) e suo nipote (oggi 90enne), entrambi senza figli a «compiere disposizioni patrimoniali in loro favore», facendosi dare la possibilità di operare sui loro conti e di amministrare i loro patrimoni, intascando anche gli affitti di cinque appartamenti. E se, come ricostruito dall’accusa, da un lato è vero che la coppia avrebbe pagato con quel denaro anche la casa di cura dove i due alloggiavano e fatto fronte ad altre spese (si parla di 636.431,96 euro), rispetto al totale del denaro prelevato - ovvero 1.131.266,20 euro - mancherebbero comunque sia i canoni versati, pari a 54.909 euro, che altro denaro prelevato. Alla fine, dunque, la coppia avrebbe trattenuto per sé quasi 550mila euro.
La nipote finita a processo con il marito, per parte sua, sostiene di essersi da sempre occupata dell’anziana zia e che questa - morta nel 2015 - le aveva lasciato i suoi beni, a patto che si occupasse anche del cugino, come dimostrerebbe il testamento firmato davanti al notaio, supportato anche da una perizia medica che attestava la lucidità della donna. Ma alcuni parenti hanno avanzato dubbi sul testamento e nell’ambito di questi accertamenti il giudice ha nominato amministratrice di sostegno del 90enne una nipote. La donna, convinta che l’anziano zio, già dal 2011, fosse di fatto incapace di intendere e gestire il proprio patrimonio, ha cercato di fare luce sulle movimentazioni bancarie sui conti correnti dell’anziana e dello zio, che sono stati posti sotto sequestro. Nella querela presentata vengono ricostruiti decine di prelievi e bonifici sui quattro conti correnti (uno cointestato con la zia defunta): si va da poche centinaia di euro ad altri di decine di migliaia di euro. Ma ci sarebbe perfino un assegno da 720mila euro in favore dell’imputato. Un giro di denaro che, per la parte civile (oltre all’amministratrice di sostegno si sono costituiti altri due parenti), non potrebbe essere giustificato con l’attività di un anziano signore, peraltro ricoverato in casa di riposo e che non sarebbe nemmeno giustificabile con le spese da affrontare per le cure dei due anziani.
Ora la parola spetta al Tribunale, che dovrà stabilire se tutto nasca da invidie familiari legate all’eredità o se davvero la coppia abbia approfittato della fragilità di due anziani.