Sait, i lavoratori non mollano: ancora sciopero Dalpalù: «Vogliamo premiare i risultati»
Oggi terzo giorno di sciopero per i dipendenti del Sait contro la disdetta del contratto integrativo. Questa mattina è previsto un presidio di protesta davanti al punto vendita di piazza Lodron a Trento, e uno a Rovereto, in viale Trento, informa la Cgil del Trentino.
I lavoratori del Sait non arretrano di un passo. Dopo la seconda giornata di sciopero per la disdetta unilaterale del contratto integrativo da parte dell'azienda, e un nuovo incontro tenutosi ieri pomeriggio tra sindacati e dirigenza ma conclusosi in un nulla di fatto, i dipendenti hanno deciso di proseguire, oggi, con una nuova astensione.
Anche ieri l'adesione si è attestata sull'80%, con diversi negozi chiusi (sei contro i sette del primo giorno) e un'ampia partecipazione soprattutto dei lavoratori della sede di via Innsbruck, dove il magazzino generi vari ha dovuto bloccare il ricevimento merci proprio per carenza di personale in servizio. Ieri mattina un centinaio di persone, giunte con un mini corteo da piazza Lodron, hanno presidiato l'ingresso della coop di Corso 3 Novembre, cercando di dissuadere i clienti ad entrare. Iniziativa analoga anche a Rovereto, dove una trentina di lavoratori hanno manifestato davanti al negozio di viale Trento.
La rabbia è palpabile, anche perché la partita è da 3.000 euro annui per lavoratore e dall'azienda non sembrano arrivare segnali di apertura. La politica si fa avanti: passa a salutare i lavoratori, verso le 9.30, il segretario della Lega e neo eletto in consiglio provinciale Mirko Bisesti. Poco prima di mezzogiorno, però, è il presidente di Sait Renato Dalpalù a entrare nel punto vendita, per salutare i dipendenti non in sciopero, ma fuori viene accompagnato da un coro di fischi e urla. Una volta uscito, in pochi secondi viene circondato dai manifestanti, che gli porgono un simbolico bicchiere di plastica con delle monetine. «Se ci si radicalizza le cose non vanno avanti - ammonisce Dalpalù - Non abbiamo mai detto di volervi togliere dei soldi. Anzi, vorremmo darvene di più. Solo, la retribuzione sarà legata a degli obiettivi, che stimolino una maggiore produttività», aggiunge. Ma un gruppo di lavoratrici fa muro: «Parlate di farci lavorare di più: ma facciamo già oggi il 100%, e questo evidentemente non ci viene riconosciuto». Battibecchi analoghi, qualche metro più in là, deve affrontarli anche il direttore Luca Picciarelli, giunto in corso 3 Novembre pochi minuti dopo il presidente. «Sono una mamma e con i turni che faccio, soprattutto dopo gli 80 licenziamenti, le mie figlie le vedo molto poco: ora parlate anche di toglierci dei diritti, dovrei togliere alle mie bambine il cibo dal piatto», rincara la dose un'altra dipendente.
Alla fine i sindacalisti Lamberto Avanzo (Fisascat Cisl), Roland Caramelle (Filcams Cgil) e Vassilios Bassios (Uiltucs), chiedono e ottengono un incontro immediato con l'azienda - per anticipare quello già fissato al 7 novembre - alle 14.30, nella sede di via Innsbruck. Ma l'esito, comunicato poche ore dopo ai lavoratori riunitisi nuovamente davanti alla coop di via dei Solteri, non è positivo. Tutt'altro. La delegazione ha infatti avanzato due proposte: «Abbiamo chiesto di mantenere in vigore tutto quanto previsto dall'integrativo per un anno, per poter valutare i parametri in modo condiviso, ma ci è stato detto di no», spiega Avanzo. «Poi abbiamo chiesto di mantenere solo il premio presenza più l'accordo aziendale, quindi la parte fissa di quei 3000 euro lordi annui, e di ragionare sul premio produttività, facendo una valutazione sui parametri. Anche lì ci è stato detto di no. L'unica idea avanzata da Picciarelli è che si firmi ora la loro piattaforma, la si congeli per un anno, ma sempre per approdare, dall'1 gennaio 2020, alle loro soluzioni. A questo punto per noi è saltata la fiducia». La terza e ultima richiesta, giudicata dai sindacati la più dirompente, è stata quella di chiedere un incontro con il Cda, per capire quanti presidenti delle famiglie cooperative sono realmente d'accordo su questa mossa dell'azienda. «Confidiamo in loro - aggiunge Avanzo - perché questi vertici hanno dimostrato di mancarci di rispetto». Oggi nuovi sit-in in viale Trento a Rovereto e in piazza Lodron nel capoluogo, dalle 8.30 in poi.
La corsa all'apertura di nuovi supermercati e la guerra dei prezzi porta vantaggi ai consumatori. Nel 2016 una famiglia di quattro persone spendeva nei supermercati di Trento, nel caso migliore, 6.110 euro l'anno per i prodotti di marca. Nel 2017 la spesa minima annua in città scende a 5.856 euro. Quest'anno la spesa più conveniente è arrivata a 5.657 euro, 453 euro in meno di due anni prima pari a un risparmio del 7,4%. Nel solo ultimo anno la famiglia media, scegliendo il carrello della spesa più conveniente, ha potuto spendere 199 euro in meno. Trento è salito dagli ultimi posti della classifica - nel 2016 era cinquantaduesimo tra i capoluoghi di provincia - al decimo posto tra le città più convenienti. Al top c'è Rovigo con 5.520 euro di spesa presso il supermercato più economico della città.
«Se una famiglia che spende in media 6.500 euro ogni anno (dati Istat 2017) si recasse sempre nel supermercato risultato meno caro d'Italia, ridurrebbe a 5.300 euro l'esborso, ben 1.200 euro in meno ogni anno. Giocare sulla concorrenza è possibile» sostiene Altroconsumo, l'organizzazione dei consumatori che ha svolto l'indagine, giunta al trentesimo anno. Sono stati messi sotto la lente più di mille punti vendita della grande distribuzione, con 1 milione 180 mila prezzi rilevati. Dall'analisi emerge la mappa della convenienza in 67 città italiane, con il confronto tra panieri di spesa delle famiglie in supermercati, ipermercati e hard discount. Per definire la spesa di una famiglia sono stati utilizzati i criteri delle indagini Istat sui consumi e sull'inflazione. Sono state così identificate 115 tipologie di prodotti sulle quali le famiglie italiane concentrano maggiormente la propria spesa al supermercato.
Il risultato, dice Altroconsumo, «fotografa una regione campione di convenienza, il Veneto, con Rovigo, Venezia, Treviso, Verona e Vicenza ai primi posti assoluti della classifica su 67 capoluoghi». Seguono Pordenone, Salerno, Padova, Bologna e, al decimo posto, Trento. L'anno scorso al vertice della convenienza c'era sempre una città veneta, Vicenza, mentre Pordenone era seconda e Treviso terza. Trento si attestava al venticinquesimo posto.
L'indagine scende poi nei dettagli, individuando i punti vendita più economici per città e per diverse categorie di spesa. A Trento, se si considera il carrello della spesa composto da prodotti di marca, il supermercato più conveniente è l'IperPoli dell'omonima catena trentina. Lì un single spende in un anno 3.766 euro, una coppia senza figli 5.909 euro, una coppia con figli 7.495 euro. Il gruppo Poli fa cappotto: al secondo posto ci sono i supermercati, al terzo Orvea. Seguono nell'ordine Pam, Eurospar, Superstore Coop.
La rivincita di Sait-Coop è nella classifica della spesa per i prodotti a marchio proprio, cioè con la marca dell'insegna del supermercato. Qui il Superstore è in testa per convenienza con 2.614 euro annui di spesa per un single, 4.101 euro per una coppia senza figli, 5.202 euro per una coppia con figli. Al secondo posto c'è Pam, al terzo Eurospar.
La gara è all'ultimo prezzo nel carrello della spesa con i prodotti più economici. In questa classifica vince la tedesca Aldi, da poco arrivata in città, con 1.680 euro annui di spesa per un single, 2.636 euro per una coppia senza figli, 3.343 euro per una coppia con figli. Seconda Eurospin (a cui partecipa la trentina Dao) con, nel caso della famiglia con figli, 3.470 euro, poco più di 100 euro di differenza. Terza l'altra tedesca Lidl, che ha appena aperto il nuovo punto vendita su via Brennero, a 3.508 euro. Quarta Md, quinta Prix, mentre Coop Superstore si attesta al sesto posto.