Ragazzi morti a Campodazzo: parte il processo civile
Per la procura di Bolzano non ci sono responsabili penali per la tragedia di Campodazzo. Il procedimento - aperto in seguito alla morte, il 20 novembre del 2016, di Alessandro Conti, 23 anni di Cavalese, e di Giulia Valentini, 28 anni di Baselga di Pinè, precipitati con l’auto nel fiume Isarco - corre verso l’archiviazione.
L’attuale sindaco di Fiè Othmar Stampfer, il presidente dell’associazione agraria che si occupa della gestione delle strade di accesso ai vari masi Christian Mair e il progettista dei lavori di messa in sicurezza effettuati nel 2009 Heinz Tschugguel, possono tirare un respiro di sollievo. Per tutti e tre gli indagati (le ipotesi di reato erano omicidio colposo plurimo e lesioni colpose) la procura di Bolzano ha chiesto l’archiviazione.
Gli avvocati delle famiglie delle vittime probabilmente non faranno opposizione alla richiesta di archiviazione. Fabrizio Borga, legale della famiglia Valentini, ha fatto una scelta strategica diversa: abbandonare il terreno penale per imboccare la strada della giustizia civile, percorso comunque non semplice ma con maggiori possibilità di successo.
La causa civile è stata avviata dai genitori e dal fratello di Giulia Valentini nei confronti del Comune di Fiè allo Schilliar (non dai familiari di Alessandro Conti, già risarciti dall’assicurazione dell’auto condotta da Giulia Valentini). Considerando le tabelle del Tribunale di Milano, che regolano il risarcimento del danno non patrimoniale anche nel nostro distretto, possiamo concludere che la cifra richiesta si aggiri intorno al mezzo milione di euro.
La causa entrerà nel vivo nei prossimi mesi quando, è scontato, l’amministrazione comunale di Fiè chiamerà in giudizio la sua assicurazione.
Il giudizio civile di fatto ripartirà quasi da zero. In Tribunale a Bolzano il giudice dovrà non solo riconsiderare tutte le prove alla luce dei criteri della giustizia civile, ma dovrà anche ordinare una nuova perizia.
L’ingegner Raffaele Mauro, perito nominato dal giudice nel procedimento penale, sostiene che il Comune di Fiè non aveva l’obbligo di prevedere una barriera perché si trattava di una strada interpoderale e non comunale. Inoltre secondo l’ingegner Mauro su quel tratto di strada, con pendenze elevate e una carreggiata stretta, l’auto avrebbe dovuto procedere «a passo d’uomo», invece che a 15 chilometri orari, una velocità ritenuta dunque eccessiva.
Queste conclusioni sono state radicalmente contestate dai legali delle famiglie delle vittime. Il loro consulente di parte, l’ingegner Fabio Boscolo, sostiene infatti che il Comune avrebbe dovuto proteggere con un guard rail, come ha fatto in molti altri tratti delicati di quella stessa strada, anche l’imbocco del ponte dove l’auto finì nel torrente.