Telemedicina in Trentino: rinviati a giudizio in otto Il procuratore della Corte dei conti: danno erariale per l'acquisto dei kit poi rimasti inutilizzati
«Grave e colpevole negligenza», «sprezzante trascuratezza dei doveri prescritti», «grossolana mala gestio», «colposa violazione degli obblighi di servizio».
Non usa mezzi termini il procuratore regionale della Corte dei conti Marcovalerio Pozzato nell'atto di citazione con cui ha spedito a giudizio 8 tra medici, ingegneri e dirigenti dell'Azienda sanitaria.
Tutti sono accusati di danno erariale, quantificato nel complesso in 135 mila euro, per l'utilizzo, anzi per il mancato utilizzo, di kit di telemedicina, acquistati e poi finiti ad impolverarsi in un magazzino a Lavis.
Le eventuali responsabilità naturalmente sono ancora tutte da verificare. Il procedimento contabile ora affronterà la fase del giudizio davanti alla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti, ma sin d'ora possiamo dire che la vicenda non è certo un esempio di oculata gestione del denaro pubblico.
A sollevare dubbi sull'esito, misero, di quella sperimentazione era stato l'Adige che il 10 gennaio 2018 titolava "Telemedicina, progetto al palo - I kit di Telemedika in magazzino". Proprio da quell'articolo partirono le indagini affidate dalla procura regionale ai carabinieri del Nas di Trento. La sintesi della complessa attività investigativa è nelle 56 pagine di atto di citazione.
A giudizio sono finiti in otto: Giuseppe Comoretto (a cui viene contestato un apporto causale del 30%), in qualità di direttore dell'Area tecnica dell'Azienda; Emanuela Zandonà (con il 20%), come direttrice dell'Area di governance clinica dell'Azienda; Marina Mastellaro (con il 14%), come dirigente medico dell'Azienda; Walter Mattei (con il 12%), collaboratore del Servizio di ingegneria clinica dell'Azienda; Daniela Zanon (con il 10%), come direttrice del distretto Ovest dell'Azienda. Citati a giudizio, ma con ruoli marginali, anche Orazio Fezzi (con il 5% di apporto causale), medico all'epoca componente del Comitato di coordinamento deputato alla gestione della sperimentazione clinica; Valter Dapor (con il 5%), come dirigente del Servizio sistemi informativi dell'Azienda; Guido Baldessarelli (con il 4%), quale dirigente del Servizio programmazione acquisti dell'Azienda. Tutti respingono le accuse con motivazioni diverse, ma che non hanno convinto la procura. Comoretto sostiene di essere rimasto del tutto estraneo rispetto all'acquisizione, collaudi e distribuzione dei kit. Secondo l'ingegnere il danno, semmai, era stato causato non dall'acquisto dei dispositivi ma dall'abbandono della sperimentazione per ragioni estranee al suo operato. Anche Zandonà ha respinto le accuse chiedendo l'archiviazione della sua posizione anche perché aveva lasciato l'Azienda sanitaria nel 2015.
Altri due medici, «avendo riconosciuto pienamente le responsabilità loro addebitate», hanno risarcito il danno e di conseguenza sono usciti dal giudizio.
Secondo il procuratore Pozzato, la prova della «macroscopica colpevolezza da ricollegare al danno causato all'Azienda sanitaria» è intrinseca visto il mancato utilizzo di gran parte della fornitura. Il quantitativo di kit acquistati «era - scrive la procura - manifestatamente e volutamente, per scriteriate scelte economico-gestionali delle risorse disponibili, sovradimensionato rispetto al reale fabbisogno sanitario».
Dei 100 kit ordinati e pagati, 64 non vennero mai neppure aperti. In val di Sole non c'erano disponibili abbastanza pazienti diabetici da monitorare. Ma anche i kit entrati in funzione non diedero i risultati programmati: sorsero problemi di comunicazione, il sistema di telemedicina non sarebbe mai stato implementato come da programmi iniziali. Per dirlo in termini non medici, si trattò di un «flop». Non a caso le valigette finirono in un magazzino fino all'arrivo dei carabinieri. Ma il procuratore Pozzato punta il dito anche sulla procedura di acquisto delle valigette. Nell'autunno del 2012 l'Azienda sanitaria invitò 5 aziende del settore a fare un'offerta per la fornitura di 100 kit. Il termine per presentare le offerte in un primo momento venne fissato alle 12 del 5 novembre. Il giorno dopo chiese di poter fare un'offerta Telemedika srl,azienda trentina nata solo un mese prima. La domanda venne accolta, i termini furono riaperti e Telemedika sbaragliò la concorrenza ottenendo il punteggio più alto. Secondo la procura regionale Telemedika (società, poi fallita, estranea a contestazioni in questo procedimento contabile) venne favorita attraverso «uno schema contrattuale palesemente sbilanciato in favore dell'impresa appaltatrice».
Insomma, fin dai primi passi il progetto "pilota" mostrava i "sintomi" preoccupanti dello sperpero di risorse pubbliche, proprio come aveva denunciato il nostro giornale.