Il bambino di 11 annni è autistico e la famiglia non lo vuole più: la richiesta a Casa Sebastiano di Coredo
Rifiutato dalla famiglia a 11 anni perchè autistico e poi affidato al Tribunale dei Minori. Una storia tragica, di disperazione e solitudine, che gli operatori di Casa Sebastiano, struttura all’avanguardia in Trentino per l’autismo, si sono trovati di fronte, «come uno schiaffo». Tanto da rendere pubblica la storia sui canali social della Fondazione trentina per l’autismo. «Dobbiamo trovare una sistemazione per un bimbo di 11 anni con diagnosi di autismo. La famiglia non lo vuole più»: questa la telefonata arrivata da un assistente sociale di un’altra regione. Per il Centro non è una novità ricevere chiamate quotidianamente, ne arrivano a centinaia da tutta Italia e da italiani all’estero, da operatori e famiglie, alla ricerca di informazioni, risposte, servizi, di un’opportunità per un futuro migliore. Ma questa volta non è stata una telefonata come le altre.
«Purtroppo non avevamo disponibilità per accogliere questo bambino nella nostra struttura, perchè è minorenne e non siamo autorizzati. Quindi la telefonata con l’assistente sociale non è durata molto. Quello che si può dire è che purtroppo, in generale, mancano gli aiuti, le informazioni per queste situazioni. Come quando questi ragazzi finiscono la scuola dell’obbligo e cala il buio assoluto da parte delle istituzioni, perchè è complicato trovare sostegno e supporto in età adulta», spiega Giovanni Coletti, presidente della Fondazione trentina per l’autismo e tra i fondatori di Casa Sebastiano, che offre attività di ogni tipo, dalla cucina alla falegnameria, dalla pittura alla musicoterapia, dalla pet therapy all’agricoltura.
Per gli operatori la telefonata è stata un colpo molto duro: «Viene fuori il pensare emotivo, che sgorga dalla pancia: o sono disgraziati o sono disperati. In ogni caso abbiamo fallito. Le istituzioni hanno fallito, la società ha fallito», si sfogano sottolineando in sostanza come il gesto forse sia stato dettato dall’assenza di strutture dedicate e di concreti aiuti alle famiglie.
Insomma per gli operatori se mamma e papà hanno preso una decisione così dolorosa, è mancato il supporto delle istituzioni, dei servizi, l’aiuto necessario per il bambino e per i suoi genitori: «È venuto meno il patto di aiuto ai deboli, il mandato etico, ancor prima che costituzionale, fondamento di ogni società che voglia dirsi civile, di sostegno ai componenti più fragili delle nostre comunità. Se una famiglia si arrende, le istituzioni hanno fallito», è la conclusione, amara, degli operatori di Casa Sebastiano.