Ilaria Dorigatti: da Trento a Londra per studiare il virus e dare speranze
In primissima linea. Studiando e cercando di “capire” quel maledetto virus, per dare a tutti noi, a tutto il mondo, delle speranze concrete. Lei è Ilaria Dorigatti (nella foto di Alice Russolo). Trentina, classe 1983, laurea e dottorato in matematica all’Università di Trento, e da nove anni a Londra, dove lavora al prestigioso Imperial College, presso il Centro per l’analisi globale delle malattie infettive globali. «Mi occupo di modelli matematici per capire le dinamiche della trasmissione delle malattie infettive. Un obiettivo delle mie ricerche è quello di identificare gli interventi che possono controllare o mitigare epidemie, come ad esempio quella in corso dovuta a Covid-19». Da quasi tre mesi il lavoro della ricercatrice trentina, che vive a Londra con il marito Christian e i piccoli Matilde e Massimo, di 5 e 1 anno, è focalizzato sul virus che sta mettendo in ginocchio tutto il mondo.
Quando è iniziata la ricerca sul Coronavirus?
Ho cominciato a lavorare su Covid-19 a inizio gennaio. Il nostro gruppo è stato il primo a livello mondiale ad aver realizzato l’entità del rischio posto da questo nuovo virus emerso a Wuhan. A metà gennaio abbiamo pubblicato il primo dei nostri rapporti dove, in base al numero di casi esportati fuori dalla Cina, stimavamo esserci molti più casi di quelli riportati nella città focolaio cinese. Usando dati provenienti dalla Cina e da Paesi internazionali abbiamo poi caratterizzato diversi aspetti epidemiologici, inclusa la trasmissibilità (in termini epidemiologici, l’R0), il tasso di letalità e la sensibilità dei sistemi di sorveglianza internazionale. Tutti i nostri rapporti sono disponibili sul sito dell’Imperial.
L’obiettivo finale del lavoro è creare un vaccino: come si fa? Quali sono i tempi?
Non mi occupo della produzione di vaccini, ma all’Imperial hanno sviluppato un prototipo di vaccino che è attualmente in fase di sperimentazione negli animali e fino ad ora ha mostrato risultati molto incoraggianti. La produzione di un vaccino è un processo lungo, che comincia con la sperimentazione in-vitro e, se questa dà risultati positivi, passa poi alla sperimentazione negli animali. Se anche questa fase desse risultati positivi, il vaccino entrerebbe nella sperimentazione clinica, che consiste in varie fasi in cui si testa la sicurezza, la capacità di generare immunità e l’efficacia sull’uomo. I miei colleghi dicono che potrebbe passare un anno o anche di più prima di avere un vaccino contro Covid-19.
Studiando questo virus, quali sono le caratteristiche che lo rendono “maledetto”?
È difficile da controllare per una combinazione di motivi. È un virus emergente, quindi non c’è immunità nella popolazione. Inoltre, si trasmette facilmente da persona a persona: gran parte delle persone infette non mostrano sintomi o mostrano sintomi lievi ma nonostante ciò sembrano essere in grado di trasmettere il virus efficacemente. Infine, alcuni studi suggeriscono che le persone che sviluppano sintomi cominciano ad essere infettive ancora prima dell’apparsa dei sintomi. È quindi difficile identificarle e isolarle prima che queste trasmettano il virus ad altre persone.
Perché l’Italia è stata colpita in maniera così forte e prima? Abbiamo sottovalutato la gravità?
Non c’è un vero motivo per cui l’epidemia è arrivata prima in Italia rispetto che in altri paesi Europei. La connettività dell’Italia con il resto del mondo è simile a quella di altri paesi Europei, quindi è verosimile che il rischio di importazione del virus a cui è sottoposta l’Italia sia simile al rischio a cui sono stati sottoposti altri paesi Europei. Lo stesso che è accaduto in Italia sta accadendo in altri paesi Europei, solo con qualche settimana di ritardo.
Da due settimane è tutto chiuso: servirà? O è una decisione presa troppo tardi?
Le misure di distanziamento sociale che sono state messe in atto In Trentino, come nel resto d’Italia, hanno come obiettivo quello di abbassare il rischio di infezione nella popolazione e quindi di fare diminuire il numero di nuovi casi e fare in modo che gli ospedali riescano ad offrire l’assistenza medica di cui hanno bisogno i malati più gravi. Covid-19 si trasmette tramite contatti (non necessariamente fisici) e ad oggi, poiché non abbiamo ancora un vaccino disponibile a darci immunità, l’unica maniera per diminuire il rischio di infezione è diminuire il numero di contatti all’interno della popolazione.
Dall’Italia sembra che in Inghilterra il governo stia sottovalutando il virus, nonostante qualche settimana di vantaggio che avrebbe potuto essere importante.
Qualche giorno fa abbiamo pubblicato il nostro ultimo rapporto, dove analizziamo l’impatto di due strategie di intervento: mitigazione (che punta a ridurre R0, ma non necessariamente sotto 1) e soppressione (che punta a ridurre R0 sotto 1). Abbiamo dimostrato che la soppressione dell’epidemia, che si ottiene con interventi molto stringenti, come quelli che ha implementato l’Italia, è necessaria se si vuole fare in modo che il sistema sanitario inglese riesca a rispondere alla domanda di assistenza a cui verrà sottoposto nelle prossime settimane. Questo report ha cambiato la politica del governo inglese e americano. Misure stringenti sono state messe in atto a partire da questa settimana e molto probabilmente queste verranno ulterioremente inasprite.
Veniamo al Trentino: si dice che il peggio arriverà in questi giorni: è possibile? Quanto durerà?
In collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e la Fondazione Bruno Kessler stiamo stimando l’impatto degli interventi implementati. La durata dell’epidemia dipenderà dall’entità e dalla durata degli interventi e dalla capacità della popolazione di adempiere alle regole. Dovremo abituarci all’idea che ci vorrà del tempo prima di poter tornare alla vita sociale di sempre.
Vista la sua materia di studio, quali altri accorgimenti potrebbero essere utili?
Purtroppo il distanziamento sociale è l’unica strategia al momento, almeno fino a quando non avremo un vaccino.
Da scienziata è preoccupata per amici e parenti in Trentino?
Sto seguendo l’epidemia in Italia molto da vicino e ovviamente sono preoccupata per la salute dei miei cari, dei miei amici e di tutta la popolazione. Non è facile essere lontani in momenti come questo. Ma vorrei sottolineare l’importanza di seguire le direttive, nonostante le difficoltà.