L'epidemia Covid si sta esaurendo Virus più debole grazie alla stagione

di Matteo Lunelli

Un calo costante, iniziato a metà aprile e proseguito, con una forte accelerata nelle ultime tre settimane, fino ad oggi. Da inizio marzo i numeri sono sempre stati la fotografia più reale ed efficace per comprendere l’entità dell’emergenza Coronavirus. E adesso, proprio leggendo, analizzando e cercando di comprendere quei dati, si può dire che l’emergenza in Trentino è finita ed è iniziato ufficialmente il periodo di convivenza con il virus. La giornata di ieri, ultimo giorno di maggio, è stata quella in cui si è andati più vicini al “doppio zero”: i decessi sono stati (ancora, è il quarto giorno consecutivo) zero, ma quell’1 nella casella nuovi contagi ha “rovinato” la festa. Però va detto che la percentuale di test risultati positivi è stata la più bassa di sempre, con lo 0,05%.

Analizzando i dati del mese di maggio si può vedere come le progressive e prudenti aperture non abbiano inciso nella costante decrescita. Ricordate da metà aprile in poi? Prima i cantieri all’aperto (14 aprile), poi le passeggiate più libere (28 aprile), le visite ai parenti (4 maggio), caffè, bibite e gelati da consumare all’aperto (7 maggio), gli spostamenti sul territorio provinciale per spesa e passeggiate (9 maggio), i negozi aperti (11 maggio), ristoranti, bar e parrucchieri (18 maggio): per ognuna di queste nuove libertà c’era la “spada di Damocle” dei 14 giorni successivi. Ovvero se i contagi fossero cresciuti nel periodo di incubazione Fugatti sarebbe stato costretto a richiudere e a proporre nuove limitazioni. Il presidente l’ha sempre detto chiaramente, ogni volta che ha annunciato una nuova ordinanza: «Riapriamo, ma se le persone non rispetteranno le regole e i contagi saliranno dovrò tornare sui miei passi».

Ormai le due settimane di incubazione sono finite rispetto ad ogni “ritorno alla normalità” e la sfida è stata vinta. Che sia stato merito dei trentini, che hanno rispettato alla lettera le indicazioni, o che sia merito di un virus diventato lentamente meno aggressivo, sia nella trasmissione sia nella letalità, non possiamo ancora dirlo con certezza, se non altro perché la scienza non si è ancora sbilanciata nella seconda ipotesi.

La tabella con l’andamento di decessi e contagi di maggio racconta perfettamente il calo: dal 21 maggio, ad eccezione del 26, la percentuale di tamponi positivi rispetto al totale ha costantemente lo zero davanti.

E questo nonostante i test effettuati siano stati oggettivamente moltissimi e nonostante in queste ultime settimane siano state testate le categorie più a rischio e più esposte, ovvero il personale sanitario, e le zone più colpite, ovvero i ?famosi? cinque comuni con più contagi. Anche i decessi, fortunatamente, hanno subito un rallentamento evidente: lo 0 degli ultimi quattro giorni è una notizia bellissima, ma anche andando a ritroso negli ultimi 15 giorni le persone che si sono arrese al Covid-19 sono state 10.

Anche il grafico con i "record" racconta bene quanto la situazione sia cambiata, fortunatamente in meglio, nel corso del mese di maggio. E fa molto effetto leggere che solamente 70 giorni fa i nuovi contagiati erano stati 239 in ventiquattro ore, così come che sessanta giorni fa erano ben 81 le persone che lottavano contro il Coronavirus nei reparti di Terapia intensiva e che a fine marzo in un solo giorno eravamo costretti a piangere 19 vittime. Oggi, come detto, la situazione è molto cambiata: sui quasi 5.500 contagiati da inizio epidemia, circa l’85% è guarito e il 10% è deceduto, mentre ancora un sette per cento dei positivi sta lottando contro il virus, ma il 95% lo fa a casa, quindi non si tratta di persone in condizioni gravi.


A confermare che il mese di maggio è anche chi i numeri e i dati del Trentino li ha costantemente analizzati, in maniera spesso critica ma anche propositiva, ovvero l’ex rettore Davide Bassi. Sul suo blog scrive che «siamo arrivati a fine maggio e finalmente l’epidemia di Covid-19 si sta esaurendo. I ricoveri ospedalieri sono ormai molto ridotti rispetto alla fase più acuta che abbiamo attraversato tra fine marzo ed inizio aprile, ed anche il numero dei nuovi contagi mostra finalmente un calo più deciso.

Nessuno al momento è in grado di dire se Covid-19 potrà essere definitivamente archiviato come un brutto ricordo, oppure se il futuro ci riserverà nuove difficili sfide. Questo è il momento in cui, oltre a fare i bilanci, si dovrebbero mettere le basi per evitare di ripetere gli errori fatti ad inizio anno. In un sistema che funzioni, si dovrebbe valutare l’azione dei responsabili tecnici e politici della gestione dell’epidemia, sostituendo le persone che non si sono rivelate all’altezza del compito loro affidato. Ma siamo in Italia, ed è illusorio pensare che meriti e demeriti contino qualcosa».
Restano ora altri due scogli, o meglio scadenze. Il primo è ovviamente rappresentato dal 3 giugno, con gli spostamenti liberi in tutta Italia. In tal senso, senza dare dell’”untore” a nessuno e senza discriminare nessuno, è evidente come una regione a noi confinante stia ancora vivendo un momento molto difficile, con contagi (ieri +210) e decessi che non diminuiscono.

Stiamo parlando ovviamente della Lombardia, e da dopodomani i lombardi potranno tornare in Trentino, nelle seconde case o in gita. Il secondo ?scoglio? è rappresentato dalla riapertura di nidi, materne e colonie estive.
Fugatti aveva annunciato l’8 giugno, ma verosimilmente sarà dopo. La speranza di tutti, ovviamente, è che anche dopo le riaperture di regioni e servizi per l’infanzia, il virus non cresca. Non resta che indossare la mascherina e attendere i numeri. Che non mentono mai.


 

«Ora, visto che il momento più brutto è passato, sento persone che hanno il coraggio di dire che la pandemia era un’invenzione e che si è esagerato nelle chiusure: questo è inaccettabile. Bisogna essere onesti e riportare la memoria a fine marzo e inizio aprile, quando il sistema era vicino al collasso e la situazione molto difficile».
Massimo Pizzato, virologo del Cibio, guarda sia al recente passato sia a presente e futuro. Con chiarezza e ovviamente grande competenza, considerato che in questi mesi è stato in prima linea nello studiare il Coronavirus.

Professore, possiamo dire che l’epidemia si sta esaurendo?

Sono abbastanza ottimista, i dati sono buoni e credo che per il periodo estivo non dovrebbero esserci ricadute.
Però aspettiamo ancora qualche giorno per vedere gli effetti di tutte le riaperture. La stagionalità credo sia molto importante e abbia un grande peso nella lettura della situazione. Ma poi ci sarà l’inverno.

Insomma, le temperature hanno aiutato parecchio.

Ritengo sia una combinazione: gli effetti del lockdown, i comportamenti delle persone e senza dubbio l’aiuto della stagione.

Il virus, inoltre, pare essere meno aggressivo.

Personalmente lo sostengo dall’inizio: è nella natura di questa tipologia di virus dare patologie sempre meno aggressive. Poi io lavoro in laboratorio, ma leggo e parlo con molti medici delle terapie intensive e non solo che vedono sintomi più lievi rispetto a qualche settimana fa. Le malattie respiratorie fanno lo stesso.

Come diceva si tratta di un mix di fattori, ma l’impressione è che anche la contagiosità del Coronavirus sia calata.

Il virus entra nella popolazione con una certa patogenicità poi tende ad attenuarsi nel tempo. Ecco, dal mio punto di vista è inaspettata la velocità con cui tutto questo è avvenuto, perché solitamente la "perdita di forza" si verifica in intervalli temporali decisamente più lunghi.

E qui forse subentra l’effetto clima, che ha accelerato i tempi.

Ribadisco, la stagione ci aiuta molto, ma sempre in sinergia con le regole che sono state prese a livello locale e nazionale. E torno all’inizio: quando sento la gente che adesso, alla luce dei dati, dice “visto che non era nulla di grave” mi arrabbio davvero.

 

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