Spazi e protocolli, i timori dello sport La responsabilità in capo ai presidenti

di Flavia Pedrini

I rigidi protocolli sanitari (sulla cui applicazione ci sono ancora molti dubbi), l'incertezza rispetto alla possibilità di avere a disposizione le palestre scolastiche, ma soprattutto il tema della responsabilità in capo ai presidenti delle società sportive, incombono come nubi sulla ripresa delle attività in autunno. «Il segnale forte che arriva dalle società è che, in questo preciso momento, con le attuali indicazioni, è molto difficile pensare di affrontare serenamente una stagione sportiva - sintetizza il presidente regionale della Federazione italiana pallacanestro, Mauro Pederzolli - Ci sono le preoccupazioni, le responsabilità, e anche un po' il timore, perché si tratta di persone che lo fanno non per lavoro, ma spinte dalla passione».
Il rischio è che non tutti se la sentano di dare il via libera ad allenamenti e eventi sportivi. «In questo periodo, per esempio, una cosa molto interessante per la nostra regione erano i tornei - ricorda Pederzolli -. Per la Dolomiti Summer League, una lega estiva di tornei 3 contro 3, che viene organizzata a macchia di leopardo, tanti organizzatori hanno deciso di rinviare tutto al 2021 per le difficoltà legate ai protocolli e alle responsabilità».
Già, i protocolli. La cui declinazione, allo stato, appare tutt'altro che semplice. «La Federazione pallacanestro è partita con un concetto molto chiaro: mettiamo davanti la salute dei tesserati rispetto allo sport. Dunque i protocolli sono molto prudenti. E allo stato, di fatto, non è possibile pensare di giocare a basket. Anche l'attività 3 contro 3, ipotizzabile magari nella seconda parte del mese di luglio oppure ad agosto, lascia ancora oggi troppe responsabilità. Chi è responsabile di una società o di una organizzazione che mette in gioco un torneo o un allenamento di basket - sottolinea - può rispettare tutti i protocolli, ma basta un dubbio rispetto ad un distanziamento, per fare "saltare" il protocollo. La salute viene prima, ma se ci fosse una modifica dei protocolli in modo meno pesante a carico dei presidenti, sarebbe un passo avanti notevole».
Ma Pederzolli, rispetto ai protocolli, pone anche altri quesiti, per ora irrisolti. «Le società sportive, quelle più piccole, se dovessero allenarsi in palestra, dovrebbero restituirla alla scuola sanificata. Ma questo cosa comporta? Che la sanificazione grava sempre in capo al presidente della società, che di norma non è né un medico né un chimico, salvo casi rari. Altra domanda: la società deve preoccuparsi anche di sanificarla prima? O la fa la scuola? E ancora, la società deve occuparsi solo della pulizia del parquet, del canestro o anche degli spogliatoi e dei corridoi?».
Insomma, i nodi da sciogliere, rispetto alla pulizia - che si tratti del judo piuttosto che del basket - sono molteplici.
E poi ci sono le spese. «Se la società di basket o volley deve sostenere questi costi di sanificazione, il riflesso, se i soldi non li mette la Provincia, è che si debbano chiedere alle famiglie. E quindi si crea un circuito vizioso: si corre il rischio che per rispettare norme, necessarie, vengano messe in difficoltà la famiglia o la società. E così si colpisce lo sport».
Preoccupazione emerge anche dalle parole di Massimo Dalfovo , presidente della Federvolley trentina: «Bisogna capire che valore diamo realmente allo sport - osserva - e all'attività motoria. Quando diciamo che 1 euro investito nello sport sono 3 euro risparmiati nella sanità, o ci crediamo davvero o non serve a nulla».
Il primo aspetto riguarda gli spazi e la necessità di conciliare il diritto allo studio con quello allo sport. Il presidente della Federazione italiana pallavolo, Pietro Bruno Cattaneo, nei giorni scorsi ha lanciato l'allarme sulla eventualità che non si possano usare le palestre scolastiche (si veda l'articolo in basso). Una preoccupazione, quella sul possibile allestimento di aule nelle palestre, espressa anche da Pederzolli (l'Adige del 15 giugno). «Siamo preoccupati, speriamo che questo non accada - sottolinea Dalfovo - Ha fatto bene il nostro presidente nazionale a lanciare l'allarme su questo aspetto, ma anche rispetto al tema della responsabilità in capo ai presidenti delle società sportive serve una modifica. Così, secondo me, si rischia che tutto rimanga fermo».
Altro nervo scoperto, quello dei costi per la sanificazione. «Su questo avevamo avuto rassicurazioni, da parte dell'assessore Failoni, che sarebbero state ritoccate le tariffe delle palestre, ma serve anche un aiuto sulle sanificazioni tra un'ora e l'altra - ricorda Dalfovo - Prima di tutto, però, bisogna capire cosa ci viene consentito di fare. Con cautela, ma dobbiamo provare a ripartire, spegnendo semmai "l'incendio" dove dovesse svilupparsi. Istruzione, sport e ambito sanitario, devono trovare un accordo».

QUESTIONE SCUOLE 

Il presidente della Federazione italiana Pallavolo, Pietro Bruno Cattaneo, ha scritto al presidente del Coni, Giovanni Malagò, lanciando l'allarme rispetto alla possibilità che le palestre scolastiche non possano essere utilizzate per la ripresa delle attività sportive. Considerato che per il 70%-80% l'attività federale si svolge in questi spazi, questa ipotesi «impedirebbe la pratica della pallavolo a livello nazionale», viene prospettato.
Detto che la situazione è "fluida" e che molto dipenderà dall'evoluzione dell'epidemia, per quanto riguarda il Trentino la presidente del Coni, Paola Mora , spiega che non c'è, allo stato, una situazione allarmante. «Ne hanno parlato anche gli organi della Provincia e stanno cercando di fare in modo che tutti possano allenarsi. Da noi, ne abbiamo discusso anche con il presidente Dalfovo (Fipav) e il dottor Ceccato (dirigente del Dipartimento della Conoscenza), si tratta di un problema marginale e le poche situazioni di criticità stiamo cercando di risolverle. L'ultimo incontro risale a giovedì e mi pare ci la disponibilità a venirsi incontro. Certo - evidenzia - è una situazione talmente strana, che quello che ho detto oggi, magari domani non vale più. Ma allo stato si sta lavorando tutti per trovare una soluzione».
Il timore è che, alcune palestre, per fare fronte alle norme che impongono il distanziamento, possano essere usate come aule. «Ma va detto che le due ore di educazione motoria sono previste nel curriculum scolastico - ricorda Mora - Le palestre servono anche alle scuole. Dunque, per ora vedo una buona collaborazione da parte di tutti, per superare le criticità. Il problema, come Coni, era stato segnalato già in maggio, nel corso dell'incontro con l'assessore Failoni e con tutti i presidenti di Federazione e mi pare che tutti stiano lavorando nella direzione di trovare soluzione migliore per i ragazzi».
Anche il dirigente Roberto Ceccato rassicura: «La situazione è ancora in divenire - evidenzia - L'ipotesi che le palestre possano venire utilizzate come uno spazio scolastico è una possibilità residuale». Il presidente della Fipav nazionale, Cattaneo, ha riferito che molti dirigenti scolastici hanno informato le società rispetto all'impossibilità di usare le palestre. «Intanto va detto che le palestre non sono delle scuole, ma dei proprietari, ovvero i Comuni o le Province - premette - L'unico aspetto da considerare è il fatto che le disposizioni nazionali dicono che negli spazi scolastici si svolge solo attività didattica scolastica. Ma si tratta di un trafiletto nel documento del comitato scientifico che risale al 28 maggio, questa è l'unica cosa vero, il resto sono solo supposizioni. Allo stato si tratta di timori non fondati. È possibile che qualche spazio possa essere utilizzato, ma si tratterebbe di casi sporadici. Tutto, ovviamente, è condizionato da come ripartirà la scuola a settembre».

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