Violenza di gruppo, condannati due ventenni per aver abusato a turno di una ragazza che avevano adescato sui social network
Si è concluso con una doppia condanna il processo che vedeva imputati due ventenni trentini, accusati di avere abusato a turno di una ragazza, approfittando della sua fragilità psicologica.
Ad entrambi l’accusa ha contestato il reato di violenza sessuale di gruppo - uno deve rispondere anche di produzione di materiale pedopornografico e adescamento di minore finalizzata alla produzione di materiale pedopornografico - e il giudice Enrico Borrelli ha inflitto al primo una pena di 3 anni di reclusione e all’altro di 3 anni e 10 mesi di reclusione. Ma la battaglia giudiziaria su questa delicatissima vicenda è destinata a proseguire: i due imputati respingono infatti le accuse e l’appello da parte della difesa appare scontato.
Il procedimento definito in Tribunale parte da una indagine della polizia postale di Trento.
Nel corso di una perquisizione, in particolare, a casa di uno dei due ventenni era stato rinvenuto materiale pedopornografico. La documentazione fotografica trovata era stata sequestrata ed erano scattate come da prassi le indagini per risalire all’identità delle persone ritratte nelle immagini a sfondo sessuale. Grazie agli accertamenti gli investigatori erano riusciti a stabilire l’identità di una ragazza, che l’imputato avrebbe conosciuto sui social network. Ma secondo la procura il ventenne non si sarebbe limitato a produrre immagini della vittima “agganciata” in rete. Le indagini hanno infatti portato alla luce una vicenda ancora più drammatica.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, sostenuta dal pubblico ministero Davide Ognibene, in una circostanza - nella primavera del 2019 - il giovane imputato, in concorso con l’altro ventenne - avrebbe abusato della ragazza, approfittando delle sue fragili condizioni psicologiche.
Un episodio per il quale il primo era stato anche arrestato e che aveva portato all’imputazione di entrambi per violenza sessuale. Al processo in rito abbreviato, però, la procura ha qualificato il fatto - forte di pronunciamenti della Corte di Cassazione - come violenza sessuale di gruppo. La difesa del secondo imputato in aula aveva eccepito l’invalidità della querela, dal momento che - nonostante la ragazza fosse maggiorenne - era stata presentata dalla madre ed aveva dunque chiesto che venisse pronunciata sentenza di non doversi procedere. Ma il giudice Borrelli ha ritenuto invece sussistente l’ipotesi più grave, ovvero quella di violenza sessuale di gruppo (procedibile d’ufficio) ed ha condannato entrambi i giovani.
Al ventenne che deve rispondere solo della violenza sessuale in concorso è stata inflitta una pena di 3 anni, all’altro, accusato anche di produzione di materiale pedopornografico (la vittima in quel caso avrebbe meno di 18 anni) e di adescamento di minore ai fini della produzione di materiale pedopornografico (la vittima avrebbe meno di 16 anni), sono stati inflitti 3 anni e 10 mesi di reclusione. Quest’ultimo ha inoltre un procedimento parallelo presso il Tribunale dei minori, sempre per produzione di materiale pedopornografico, per immagini scattate alla vittima della violenza quando entrambi erano minorenni. Ma la vicenda giudiziaria, come detto, è destinata a proseguire davanti ai giudici della corte d’appello: i due giovani negano con forza la violenza e dunque l’appello appare scontato.
La vittima, che si era costituita parte civile, è stata risarcita dagli imputati ed è dunque “uscita” dal processo.