Trentino in festa per Chico Finito un incubo iniziato nel 1998

Forti tornerà presto in Italia, l'annuncio è stato dato alla sua famiglia ieri dal ministro degli Esteri Di Maio

L'incubo, per Chico Forti, era iniziato nel febbraio del 1998. Il trentino, allora trentanovenne, era un ex campione di windsurf che dopo aver abbandonato l'attività aveva intrapreso quella di produttore televisivo. Era specializzato in documentari sugli sport estremi e si era trasferito in pianta stabile in Florida. Il 16 febbraio di ventidue anni fa il corpo di Dale Pike, freddato con due colpi di pistola alla nuca, era stato ritrovato su una spiaggia di Kay Biscayne.

Gli inquirenti si concentrano su Chico Forti per due motivi: proprio in quei mesi l'imprenditore trentino stava trattando con il padre della vittima l'acquisto di un hotel e vicino al cadavere viene trovata una scheda telefonica, che risulta essere stata utilizzata per effettuare alcune chiamate all'utenza telefonica del trentino. Gli accertamenti - durante gli anni di lotta giudiziaria alla caccia della verità, non certo da parte delle autorità statunitensi - hanno tuttavia permesso nel corso degli anni di comprendere come fosse impossibile che ad effettuare le chiamate a Forti fosse stata la vittima (nel momento in cui erano stati registrati i tentativi in uscita Dale Pike si trovava nell'area dei controlli doganali dell'aeroporto di Miami e quel tipo di scheda poteva essere acquistata solo al di fuori dell'area aeroportuale). Lasciando presumere più che altro un chiaro tentativo di fornire alla polizia una pista fasulla che portasse proprio a Chico Forti. Piuttosto maldestra, ma non per le autorità statunitensi. Che hanno sempre tirato dritto nell'imputare a Forti l'omicidio, anche quando nei mesi successivi all'arresto cade l'accusa di frode a suo carico. Era considerato il principale possibile movente, con la polizia della Florida che era certa Pike fosse stato ucciso dopo che assieme al padre aveva scoperto un tentativo di truffa da parte del trentino a loro danno.

Nulla di tutto questo, eppure Forti viene da subito indicato come principale indiziato. Neppure l'arma del delitto è un argomento valido per accusarlo: una calibro 22 compatibile con quella usata per uccidere Pike venne acquistata da un conoscente di Forti, il tedesco Thomas Knott. Dopo alcuni sviluppi inizialmente incoraggianti - Forti venne arrestato già pochi giorni dopo l'omicidio, nel 1998 e rilasciato su cauzione, con il caso che nell'estate del 1999 pare destinato all'archiviazione dopo il venir meno delle accuse di frode - inizia l'inferno. Nel settembre 1999 l'ufficio del procuratore di Miami mette sotto inchiesta Forti per l'omicidio e il trentino ad ottobre viene arrestato per la seconda volta dopo quella del febbraio 1998. Rischia la pena di morte, ma i suoi avvocati sono convinti di poter ottenere con facilità l'assoluzione. Non sarà così anche perché - come si scoprirà poi - la difesa su cui può contare Chico Forti non è delle migliori: si può parlare apertamente di infedele patrocinio. Il trentino il 14 giugno 2000 viene giudicato colpevole di omicidio di primo grado e condannato all'ergastolo. A luglio viene respinta una prima istanza in cui i legali di Forti chiedevano che venisse invalidato il processo di primo grado e negli anni la speranza di poter contare su un nuovo processo sono sempre naufragate.

Vent'anni. Vent'anni e qualche mese passati a lungo in una cella di cinque metri quadri, dove il caldo e l'umidità fanno sudare anche i muri, stretto tra terribili certezze e mancanze. La prima, dell'inutilità di proclamarsi innocente e della consapevolezza che nulla pesi a suo favore l'assenza di prove. Le seconde, quelle dei propri affetti: della moglie Heather e dei figli Savannah Sky, Jenna Bleu e Francesco Luce. Quando è stato condannato avevano rispettivamente sei, quattro e due anni. Non li ha visti crescere.
Parallelamente alla lotta di Chico Forti in carcere parte quella dei familiari e degli amici, con lo zio Gianni in testa. Nel dicembre 2000 alla discoteca Studio Uno di Vaneze del fraterno amico di Chico, Billy Valduga, in duecento lo ascoltano in diretta audio dal penitenziario di Miami. Negli anni tutti, in Trentino prima e in Italia poi, potranno conoscere la sua vicenda grazie all'impegno nato allora e mai sopitosi. Alimentando anche l'impegno istituzionale e diplomatico. Anche in questo caso ventennale: il caso Forti approda in Parlamento nell'estate del 2000 quando l'allora deputato diessino Luigi Olivieri presenta un'interrogazione rivolta al presidente del Consiglio Giuliano Amato e al ministro degli Esteri Lamberto Dini. Tutti i governi da allora hanno tentato, chi più chi meno, chi con maggiore chi con minore veemenza e convinzione, di riportare a casa Chico. Invano, fino a ieri.

LA ZIA WILMA

«Da ieri pomeriggio il nostro telefono non finisce mai di squillare, è un delirio». A parlare così è Wilma, la moglie di Chico Forti. «Chico sa tutto ed è felicissimo. Non sappiamo nulla sui tempi del suo rimpratrio, ma va bene così. Non poteva essere un Natale migliore».

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