Battaglia legale sul tampone al figlio: i genitori rinunciano alle cure pur di evitare il test sul bimbo
Il minore seguiva un trattamento contro una grave allergia per punture di api. La famiglia, attraverso un avvocato, sostiene che l’obbligo lede il diritto alla salute
TRENTO. Finisce sul tavolo del Tribunale per i minorenni il caso di due genitori che si rifiutano di sottoporre il figlio al tampone. Questo strumento diagnostico, adottato in modo massiccio nella battaglia globale contro il Covid 19, è obbligatorio per essere ammessi, tra gli altri, anche nel reparto di Pediatria dell'Ospedale Santa Chiara di Trento. L'obiettivo è evidente: evitare possibili rischi di contagio in reparto, dove si trovano anche pazienti oncologici.
Eppure il padre del bambino si è mostrato irriducibile: preferisce interrompere la terapia, iniziata nel 2018 per ridurre il rischio di shock allergico, piuttosto che fare il tampone al figlio, una decisione che però espone il bambino a rischi sanitari in caso di puntura di ape. Per questa ragione l'Azienda sanitaria ha segnalato l'accaduto al Tribunale. Il padre ha risposto con una lettera inviata alla Apss attraverso l'avvocato Virginia Cerullo del Foro di Salerno.
Il genitore replica che l'obbligo di sottoporre i pazienti al tampone andrebbe a ledere il diritto alla salute garantito dalla Costituzione. Ora il caso, più unico che raro nel panorama italiano, è nelle mani della giustizia.
La procura presso il Tribunale per i minorenni ha chiesto che venga nominato un un tutore, previa sospensione della responsabilità dei genitori in relazione al solo trattamento sanitario che secondo il pm è urgente e indispensabile. Spetta ora al Tribunale accogliere o meno la richiesta nell'esclusivo interesse del bambino. Le punture di api in pazienti allergici sono un problema da non sottovalutare. I genitori in questi casi sono addestrati a fronteggiare situazioni di emergenza e vengono forniti di adrenalina auto iniettabile. Per ridurre i rischi sanitari per il futuro viene prescritta anche una terapia sottocutanea.
Il bambino, che ha una decina d'anni, ha iniziato la cura presso il S. Chiara nel febbraio del 2018, salvo poi interrompere quando l'Azienda sanitaria per fronteggiare la pandemia ha introdotto l'obbligo per pazienti e accompagnatori di tampone da eseguire due giorni prima dell'accesso nel reparto di Pediatria. Il padre del piccolo si è mostrato nettamente contrario a questa procedura.
Benché avvisato sui rischi di interrompere la terapia intrapresa dal figlio, ha preferito rinunciare a proseguire con la cura. L'ultima dose somministrata risale infatti al settembre del 2020. Ai genitori veniva chiesto dall'Azienda sanitaria di sottoscrivere una dichiarazione in cui confermavano la sospensione volontaria del trattamento contro le puntura di ape. Pare che nessuno abbia firmato il modulo.
In risposta arrivava invece all'Apss una raccomandata dell'avvocato Cerullo, legale del padre del bimbo, con la quale si criticava l'obbligo di sottoporre i pazienti a tampone e si chiedeva di proseguire la cura a domicilio. La parola ora passa al giudice.