Occupazione in Trentino, il 15 per cento dei giovani non studia né lavora
Le retribuzioni sono leggermente più basse in nella nostra provincia rispetto al Nordest. Dalle audizioni degli Stati generali del lavoro è emerso un problema di disallineamento tra la preparazione dei ragazzi e le richieste del mercato del lavoro
TRENTO. Il 15,1% non lavora e non studia, con percentuali in crescita rispetto al 2019. E in generale hanno poca voglia di imprenditorialità: solo il 12% di loro ha un lavoro autonomo. I giovani trentini non sono un problema, quello no. Ma certo hanno qualche problema con il mondo del lavoro.
A dirlo sono i ragionamenti che si sono fatti nell'ambito degli Stati generali del Lavoro, anche nelle audizioni di lunedì. E non è un caso che da questa giornata sono uscite le quattro sfide al centro del ragionamento, in vista del documento finale: trovare una migliore connessione tra il mondo del lavoro e la formazione, coinvolgere il mondo dell'impresa, creare politiche per i giovani e strumenti a sostegno della fragilità.
Partendo dai giovani, a far riflettere sono appunto i dati: rispetto ai territori vicini i giovani trentini hanno un tasso più alto di inattività, con un 15,1% di Ente (Neither in Employment or in Education or Training, erano il 13,1% appena nel 2019) e un minore tasso di imprenditorialità. Nonostante si siano messi in campo strumenti per stimolare la nascita di startup, ancora l'88% dei giovani occupati sotto i 35 anni sono dipendenti, solo il 12% sono autonomi. Tra i dipendenti il 35,8% ha un contratto a termine. Inoltre il 30% dei diplomati con un'occupazione dichiara di avere competenze maggiori rispetto alle mansioni assegnate.
Le retribuzioni sono leggermente più basse in Trentino rispetto al Nordest. Dalle audizioni è emerso poi un problema di disallineamento ("mismatch") tra la preparazione dei giovani e le richieste del mercato del lavoro. Per questo si dovrebbero implementare le occasioni di formazione permanente anche per chi è laureato e non ha ancora trovato un lavoro e per chi un lavoro ce l'ha già, ma rischia di perderlo perché le sue competenze rischiano di diventare obsolete o inadeguate.
Quanto alla formazione, sembra di qualità - i test Invalsi sono superiori ad altre regioni - ma sembra poco aderente con le necessità del mondo delle imprese: il 30% dei giovani occupati ad un anno dal diploma dichiara di svolgere mansioni inferiori al proprio grado di preparazione e gli imprenditori prevedono di assumere le figure professionali più elevate solo nel 14,1% dei casi, mentre nel resto del Nordest questo dato sale al 17,1%. La produttività è calata anche a causa dei minori investimenti in ricerca in sviluppo. La propensione all'export delle aziende trentine è del 19% (la media del Nordest è del 35%).Ecco perché serve concentrarsi su una migliore connessione tra lavoro e formazione, ma serve anche coinvolgere il mondo delle imprese: il personale serve saperlo cercare, non basta avere un lavoro da offrire.
Infine resta il tema fragilità: il Progettone è stato importante, rimane la necessità di un paracadute per chi è vicino alla pensione. Le suggestioni delle audizioni di lunedì contribuiranno a definire il documento finale, base di partenza per le nuove politiche attive del lavoro. L'assessore Achille Spinelli parla della necessità di «iniziare a costruire percorsi profilati». Mentre il presidente di Agenzia del Lavoro Riccardo Salomone parla di confronto importante per «discutere sulle evidenze, sui nodi problematici e sulle traiettorie di intervento che stanno emergendo, grazie all'ascolto di oltre 40 istituzioni locali e nazionali».
Quanto ai sindacati, Cgil Cisl e Uil evidenziano che «Giovani e donne ma anche senior: è sulla gestione di questi soggetti che si gioca la sfida per rafforzare i fondamentali del mercato del lavoro trentino».