Dal Trentino in Brasile per fare il fotogiornalista. Antonello Veneri: “Solo nell’incontro con l’altro ci salviamo”
Prosegue il viaggio tra i giovani che partendo dalla nostra provincia si stanno facendo onore all’estero
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TRENTO. È Antonello Veneri, fa il giornalista e il fotografo, e dal 2009 vive e lavora in Brasile. Figlio di una trentina e di un salernitano racconta la sua esperienza all’estero attraverso Mondo Trentino (luglio 2021).
Qual è stato il tuo percorso di studi?
Liceo Classico e Laurea in Lettere.
Cosa fai oggi e dove vivi?
Passo la vita viaggiando, osservando e conoscendo. Di questa curiosità culturale ne ho fatto un lavoro. Sono un viaggiatore professionista. Faccio il giornalista e il fotografo in Brasile. Lavoro per giornali e riviste, per la Afp (France Presse) e per le Ong. Attualmente sto terminando un video-documentario sull’entroterra arido del Brasile e a breve partirò per un lungo viaggio di documentazione dei rifugiati venezuelani in Brasile.
Ti è capitato, immaginiamo, di conoscere svariate persone trentine in Brasile, alcune anche persone anziane e appartenenti ai flussi migratori storici, che rapporto hai con loro e come si identifica la tua emigrazione rispetto alla loro?
Nello Espirito Santo, un piccolo stato brasiliano spremuto tra Rio de Janeiro e Bahia, ho conosciuto intere comunitá di trentini. Fanno pure il vino e la grappa ma come tutti gli immigranti hanno dovuto adattarsi al luogo e perdere parte dell’identità d’origine. A San Paolo, città in cui vivo parte dell’anno, c’è una enorme comunità di italiani, la piú grande del mondo. Ho potuto conoscere non solo i figli o nipoti degli immigranti italiani ma i veri e propri immigrati. La maggior parte di loro non è mai più tornata in Italia. Il mito dell’emigrante che fa i soldi e torna al paese ricco è… un mito.
Dici di sentirti privilegiato e di vivere come in una terra di mezzo? Cosa significa esattamente?
Mia madre è trentina, mio padre è salernitano. Fin da piccolo ho vissuto in una terra di mezzo, meravigliosa, ricca di incontri culturali, di differenze e di spunti di riflessione. Ció mi ha permesso di non avere pregiudizi, di aprire la mente e di non essere “etnocentrico”. Frequentemente vedo nell’atteggiamento tipico trentino una certa aria di superiorità, un pensare “qui tutto funziona e dalle altre parti no”. Nello stesso tempo il Trentino è anche quello che si lamenta sempre, cominciando dalla propria realtà. Avendo girato parecchio il mondo e conosciuto tanti tipi di realtà posso dire che la qualità di vita in Trentino è un privilegio e bisognerebbe esserne soddisfatti. Ovviamente sto generalizzando ma un atteggiamento più positivo aiuta nella vita.
Cosa provi pensandoti un emigrante?
Che sono un privilegiato. Vivo in un Paese bello ma difficile come il Brasile e faccio un mestiere bello ma difficile come il foto giornalista. Eppure l’emigrazione passata, di fine Ottocento e tra le due Guerre, quando si partiva in nave e difficilmente si tornava, era un’altra cosa. Oggi abbiamo possibilità inimmaginabili anche solo 40 anni fa.
Da cosa è dipesa la tua scelta di vivere in Brasile? È per te una scelta definitiva o credi di poterti muovere altrove a breve o nel lungo periodo?
Fin da bambino ero curioso di conoscere questo Paese-continente, il Brasile, che possiede una diversità culturale unica al mondo. Eredità europea, africana, indigena, ricco di contraddizioni, di bellezza e di violenza, di sacro e profano, di attese e movimento. Il percorso brasiliano, dopo 12 anni, sta per finire. Sento il bisogno di immergermi e conoscere un’altra cultura. Vedremo.
Se dovessi esprimere solo 3 parole per caratterizzare il Brasile di oggi cosa diresti?
Impossibile riuscirci con tre parole. Posso solo dirvi che è il Brasile è un Paese di forti contraddizioni, in cui gli estremi camminano insieme e hanno bisogno uno dell’altro.
Per quale ragione hai lasciato l'Italia, c'è una motivazione in particolare, pensi un giorno di ritornare?
La mia scelta non è stata determinata da necessità economica ma da una necessità culturale. Di allargare gli orizzonti. Molti mi dicono che sono stato coraggioso. Non so dirvi. Sono mosso dal desiderio di conoscere, da una fortissima “curiosità dell’altro”. E quando ardiamo di questa conoscenza tutto diventa piú facile.
Oltre alla tua esperienza come giornalista maturata in Trentino fai delle foto magnifiche, dove hai imparato la fotografia e come sei arrivato al livello che hai ora in ambito fotografico?
Ho fatto alcuni corsi di fotografia a Trento ma ricordo che ero il peggior alunno della classe. A fotografare si impara soprattutto con l’esperienza, con la pratica. A scrivere invece ho imparato a QuestoTrentino, durante l’università.
Ci hai raccontato di un viaggio in Italia nel 2020 dal Brennero alla Sicilia, cosa ricordi maggiormente di quel viaggio? Ti è servito per il tuo lavoro?
Ho fatto questo viaggio nell’agosto del 2020 con un altro fotografo trentino, Luca Chistè. Abbiamo percorso migliaia di km in camper. È stato un modo per riconnettermi con il mio Paese dopo tanti anni vissuti all’estero. Credo sia stato un grande block-notes per futuri viaggi.
Ti definisci fotografo documentale, cosa significa e che taglio hanno le tue foto?
Significa osservare e raccontare. Facile a dirsi e difficile a farsi. Sono un fotografo di persone, ho l’esigenza di fotografare e raccontare storie di persone. Per fare ció pratico un’attività che sta quasi scomparendo: l’ascolto dell’altro.
Componi anche opere d’arte fotografiche, dove le proponi e che posto occupano, quanto tempo dedichi a questa tua espressione artistica? In sostanza ti definisci più un professionista o un’artista in ambito fotografico?
Ho fatto tante mostre fotografiche in giro per il mondo ma è un qualcosa di puntuale e che richiede molto tempo e pazienza. Non mi definisco artista. L’arte è l’arte e la fotografia è la fotografia. Amo l’arte, nella fotografia è presente una componente artistica ma è un’altra cosa rispetto a ciò che faccio. L’artista cerca qualcosa dentro sé stesso e lo esprime, io cerco qualcosa fuori di me, lo cerco negli altri, e lo esprimo. Vi faccio un esempio: la ragazzina afghana di Mc Curry, forse il ritratto piú famoso della fotografia. E’ una foto bellissima ma se il fotografo non avesse avuto di fronte quegli occhi verdi, quella rabbia, quel dolore non sarebbe stata una foto incredibile. Ovviamente è stato bravo a cogliere tutto ció, ma noi fotografi documentali dipendiamo sempre dagli altri e dalle circostanze.
Oltre ad essere giornalista e fotografo per anni hai fatto l’insegnante di letteratura italiana in Italia. Cosa credi sia la letteratura del novecento in Italia? Secondo te dove si è espressa maggiormente e sotto quale forma?
Sono tanti anni che ho lasciato l’insegnamento per dedicarmi totalmente alla fotografia e al raccontare ma i libri che ho letto mi sono rimasti dentro così come il piacere di leggere. E mi aiutano quando fotografo. Ogni giorno, quando posso, passo ore leggendo. La letteratura del Novecento italiana è stata ricchissima. Nei romanzi, nella poesia, nei saggi, nei racconti ma credo che il contributo piú originale l’abbiano fornito i cantautori. De Andrè, Paolo Conte, De Gregori e molti altri hanno saputo raccontare splendidamente l’Italia.
Come vedi la situazione Coronavirus al momento in Brasile? Quali sono le criticità maggiori? Ci sono dei segnali di miglioramento?
In Brasile, purtroppo la tragedia del Coronavirus è coincisa con quella di avere un presidente come Bolsonaro. Stiamo arrivando a 500.000 morti e non ne siamo ancora fuori.
Vuoi lasciare un messaggio ai trentini?
Solo nell’incontro con l’altro troveremo Bellezza e riusciremo a salvarci.