Sfilano alla manifestazione no-vax con vesti a strisce come i deportati, indignazione anche a Trento
Marcello Malfer, presidente dell'associazione trentina Italia-Israele: “Ennesimo insulto alla memoria di tutte le vittime dei campi di prigionia e di sterminio a cui assistiamo da mesi nel corso di queste manifestazioni”
TRENTO. «Occorre fermare questa violenza dei simboli sfregiati e mistificati: lo dobbiamo alla memoria della Shoah, ricordo e memoria di tutti». Marcello Malfer, presidente dell'associazione trentina Italia-Israele, interviene sulla scioccante protesta di Novara (a sinistra), con i no green pass che hanno sfilato con vesti a strisce come i deportati e con il cartello "Noi come i prigionieri di Auschwitz".
«Vedere stelle gialle appuntate sul petto o sul braccio dei manifestanti no green pass, oppure croci uncinate verdi sui social fa stare male per tante ragioni - evidenzia Malfer - Suscita sconforto nel vedere con quanta leggerezza e quanta miopia si alteri la storia». «Usare i simboli della Shoah - prosegue - per un qualcosa che nulla ha a che vedere con essa, trasferire i simboli nazisti di morte e distruzione da un piano del discorso a un altro che niente ha a che vedere con essi, significa di fatto depotenziarli, negare il loro valore di testimonianza storica, svilirli, mettere a tacere la loro voce, in una parola distruggerli. E non è solo una provocazione del sabato ma è solo l'ennesimo insulto alla memoria di tutte le vittime dei campi di prigionia e di sterminio a cui assistiamo da mesi nel corso di queste manifestazioni. Questo uso distorto della stella gialla non è solo ignoranza o leggerezza: si chiama antisemitismo. Non fa ridere vedere disegnata la svastica sui muri di un ospedale, fa piangere quando insultano la senatrice Liliana Segre, una che i lager sa che cosa siano stati».
Malfer vuole ricordare le parole della stessa Segre: «È un tale tempo di ignoranza, di violenza, neanche più repressa, che è diventato maturo per queste distorsioni. Questa deriva va combattuta, contrastata, perché non finisca per diventare senso comune».
Interviene anche il vescovo di Bolzano. «Arbeit mach frei: se usiamo questi termini è davvero una vergogna» è il monito di monsignor Ivo Muser, che ha sottolineato di essere rimasto amaramente colpito. «Questo genere di cose è uno scherno, un insulto intollerabile a milioni di persone che hanno patito sofferenze inimmaginabili per mano di sistemi totalitari - ha detto - Tali azioni calpestano anche la responsabilità di cui abbiamo bisogno e che dobbiamo riconoscere gli uni agli altri».