Niente paghetta dal papà: a 32 anni deve arrangiarsi, respinta dai giudici la richiesta di mantenimento
Lo ha stabilito il Tribunale di Trento nella sentenza di divorzio tra i due genitori. La richiesta di contributo - 100 euro al mese, a cui però si sommavano alcune migliaia di euro all'anno per spese straordinarie - avanzata dalla ormai ex moglie per la figlia maggiorenne è stata bocciata
TRENTO. La figlia 32enne, laureata e specializzata, non ha più diritto alla "paghetta" che, con cadenza mensile, riceveva dal papà. L'obbligo di mantenimento da parte dei genitori divorziati non può protrarsi in eterno.
Lo ha stabilito il Tribunale nella sentenza di divorzio tra i due genitori. La richiesta di contributo avanzata dalla ormai ex moglie per il mantenimento della figlia maggiorenne è stata respinta. A 32 anni , cioè a 14 anni dopo aver compiuto la maggiore età - sottolineano i giudici - una persona che si è laureata e ha poi frequentato corsi di specializzazione di durata pluriennale deve essere in grado di mantenersi da sola.
Dunque niente contributo di mantenimento: erano 100 euro al mese, a cui però si sommavano alcune migliaia di euro all'anno per spese straordinarie come la frequenza di costosi corsi post-laurea. Ancor più rilevante sul piano patrimoniale, niente casa: il venir meno dell'obbligo di contribuzione paterna al mantenimento della figlia consegue infatti il venir meno del diritto all'assegnazione della casa coniugale (un immobile ampio e di pregio a Rovereto).
In sentenza si sottolinea la «funzione educativa dell'obbligo di mantenimento dei figli e a coniugarla con il principio di autoresponsabilità». Fino a quando un figlio ha diritto ad essere mantenuto? L'obbligo non viene meno con carattere di automaticità al raggiungimento della maggiore età ma è destinato a protrarsi oltre, là dove i figli, senza colpa, siano ancora dipendenti dai genitori.
Il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento soltanto se, ultimati gli studi, dimostri (ma con onere probatorio a suo carico) di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi in modo attivo per trovare un'occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro. Se necessario al figlio/figlia vien chiesto se del caso «ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni».
Secondo il Tribunale l'obbligo dei genitori non può protrarsi sine die e si giustifica nei limiti di un progetto educativo e di percorso di formazione nel rispetto delle capacità e inclinazioni del figlio. L'obbligo trova un limite, per esempio, quando i figli siano stati messi in condizione di reperire un lavoro idoneo a procurare loro di sopperire alle normali esigenza di vita, quando abbiano raggiunto un'età tale da far presumere il raggiungimento della capacità di provvedere a sé stessi.
Questo il caso affrontato nel procedimento di divorzio. Nel caso in esame, la figlia quasi 32enne ha ricevuto (ampiamente) la possibilità di concludere un adeguato percorso formativo (laurea più ulteriore corso della durata di 4 anni); pare abbia due studi e pubblicizzi la sua attività sui social). Dunque il Tribunale respinge le richieste della ex moglie (che si dovrà sobbarcare anche circa 5.000 euro di spese legali di controparte) e accoglie le ragioni dell'ex marito, un pensionato di Trento difeso dall'avvocato Nicola Degaudenz.