La denuncia dell’ex chirurgo ricoverato al S.Chiara: pasti dei degenti scadenti, perché nessuno controlla?
Nella sua lettera, Michele Boschetti elogia invece il nostro sistema di soccorso e il personale dell'Unità Operativa di Cardiologia dell'Ospedale Santa Chiara “competente e molto gentile”
TRENTO. Mangiare al Santa Chiara? Un incubo. La denuncia arriva da Michele Boschetti, un ex chirurgo milanese pensionato tornato a vivere da anni a Folgaria, il suo paese natale. Nella sua lettera, inviata all’Adige, Boschetti, dopo aver elogiato l'efficienza del nostro sistema di soccorso basato su volontari della Croce Rossa e la bravura di tutto il personale dell'Unità Operativa di Cardiologia dell'Ospedale Santa Chiara di di Trento punta il dito contro la qualità del cibo.
Questa la sua lettera.
“Il 10 maggio ho avuto un infarto miocardico. Alle 8 e 58 minuti ho chiamato il 112 e alle 10 e 15 minuti ero in sala d'emodinamica dove sono stato immediatamente trattato e salvato. L'efficienza del nostro sistema di soccorso basato su volontari della Croce Rossa ed elisoccorso con personale dedicato è straordinaria.
Come è encomiabile la prontezza la competenza la dedizione e la gentilezza di tutto il personale dell'Unità Operativa di Cardiologia dell'Ospedale di Trento e sottolineo tutti: medici, infermieri e operatori sanitari, a vari livelli. La mia degenza si è protratta sino al 25 maggio.
Purtroppo a questa ottima realtà assistenziale di tipo sanitario corrisponde un’assistenza alberghiera, ma soprattutto alimentare straordinariamente scadente. La somministrazione dei pasti avviene in questo modo. Ad un’ora variabile della giornata passa per le camere, della Unità di terapia intensiva cardiologica e della degenza normale un' addetto che ti sottopone un menù per il giorno successivo sul quale il degente può fare le sue scelte per colazione pranzo e cena e di queste scelte ti rilascia una ricevuta a memoria. I pasti vengono serviti su vassoi personalizzati con tanto di nome del degente e scelte effettuate.
Questi vassoi vengono appoggiati su un ripiano del comodino ed i pazienti si alimentano seduti a letto cercando di barcamenarsi tra la ciotola del primo piatto con il suo coperchio, il piatto del secondo con il suo coperchio, la ciotola in cui c'è eventualmente della verdura e un qualcosa che può essere una confezione di mousse di frutta o un frutto vero ed una bottiglia di acqua da 500 ml. Non sono previsti bicchieri. Assieme a questo affollamento c'è una busta di carta, non sigillata in cui sono contenute le posate ed un tovagliolo di carta.
La prima cosa che salta al naso è che il tovagliolo sa di muffa cosa che non depone molto bene rispetto alla conservazione di questi oggetti. (Ho fatto constatare questo fatto alla infermiera coordinatrice delle sale d'emodinamica che gentilmente ha raccolto le mie lagnanze in assenza della coordinatrice di reparto). Il coltello non taglia nulla ed è impossibile per esempio sbucciare un frutto o un kiwi.
Il primo giorno in cui mi potevo alimentare avevo scelto come secondo a pranzo un hamburger di manzo. Arrivato il momento di scoperchiare il piatto del secondo sono stato assalito da un odore che non riesco a definire altrimenti che “carne morta” per cui ho deciso che avrei limitato la mia dieta a riso con olio e prodotti confezionati: mozzarella,stracchino, ricottine che vengono servite nelle loro confezioni di plastica come quelle in cui sono in vendita nei supermarket. A cena avrei consumato pastina in brodo e prosciutto o formaggio a seconda della scelta. Il prosciutto cotto era fortunatamente edibile.
Ora fin qui la cosa è di per se stessa imbarazzante ma vorrei raccontarvi di situazioni che potei definire comiche per mantenere un tono leggero. Ora per prima cosa succede che ti arrivi un pasto che tu non hai ordinato, cosa che il personale OTA ospedaliero, non dipendente dalla ditta fornitrice della mensa e che non partecipa alla loro confezione ma che distribuisce i vassoi dice essere abbastanza frequente.
Mi è capitato quando ero ancora ricoverato in terapia intensiva cardiologica, dove non puoi neppure mettere giù le gambe dal letto per uno o due giorni. La sera invece della pastina in brodo mi è arrivato un passato di verdura che ho comunque mangiato anche perché non volevo passare per schizzinoso. Durante la notte quando ho dovuto usare il pappagallo per urinare ho perso le feci colto da un attacco di diarrea.
Potete immaginare la sensazione di imbarazzo nel richiedere l'aiuto degli infermieri in servizio che invece sdrammatizzarono l'evento chiedendomi se avessi mangiato il passato di verdure per cena perché pare che la cosa si ripeta come ho potuto verificare personalmente perché analogo attacco di diarrea accadde ad un compagno di stanza quando ero degente nel reparto di cardiologia.
Ora dovete immaginarvi un' altra situazione. Sei seduto sul letto ed hai davanti quel vassoio che vi ho descritto e vi tocchi di aprire la confezione in plastica del formaggio che avete ordinato. Il coltello non taglia e l'apertura risulta difficoltosa poi spesso non hai un piatto dove appoggiare la tua confezione che immancabilmente contiene del liquido, molto se mozzarella, poco se altro tipo di formaggio. Ora immaginatevi che succede quando la confezione tirata, bucata con la forchetta, in qualche modo danneggiata improvvisamente si strappa.
Liquido ovunque e il contenuto, libero sul piano del vassoio, che devi mettere nella ciotola dove hai consumato il primo. Spesso analoga sorte tocca alle confezioni monodose di olio limone ecc. che servono come condimenti alle vivande e la cui apertura a volte risulta problematica. Le meravigliose OTA che distribuivano i vassoi ti chiedevano se avevi bisogno di aiuto per aprire le confezioni.
Dulcis in fundus la rimozione dei vassoi dei pasti consumati era affidata a personale della ditta gestrice della mensa la cui scortesia e malagrazia erano proverbiali sino ad arrivare a buttare per terra la bottiglietta dell'acqua consumata che avevi accartocciato ribadendo che lo smaltimento di quel prodotto non era compito loro.
Ora vorrei fare qualche considerazione. Quando si è degenti si è in uno stato di evidente fragilità e non per nulla negli ospedali vi sono persone dedicate alla assistenza e non solo alla cura. Questa fragilità non è solamente fisica ma è anche psicologica. Non siamo abituati a dipendere da altri per la nostra cura personale. Ed allora perché dobbiamo essere UMILIATI in questo modo quando dobbiamo alimentarci. Noi utenti del SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE, checché ne storpino il nome le varie dizioni regionalistiche, paghiamo fior di quattrini questo servizio e pretendiamo che sia decoroso anche nella cura della nostra alimentazione.
Pare che la Serenissima Ristorazione sia un colosso in questo campo ed il loro sito è tutto un infiorettamento su qualità umanità dei servizi forniti. Andate a vedere il sito e poi fate una scappatina al Santa Chiara durante i pasti dei degenti. Ma nessuno della potentissima struttura amministrativa dà una controllatina ogni tanto?”.