Salute / Inrtervista

Vaiolo, Aids, tubercolosi e zecche. Il primario di malattie infettive: «Covid non finito. Ed aspettiamoci altre patologie»

Parla il dottor Lanzafame, con il suo reparto sempre in prima linea. Ma il grande tema del futuro è quello dell’antibiotico-resistenza, anche se in Trentino siamo (per ora) in un’oasi felice

VIDEO Vaiolo delle scimmie, ecco cosa è

di Patrizia Todesco

TRENTO. Il lavoro nel reparto di malattie infettive del S. Chiara non è mai mancato, ma negli ultimi anni - causa Covid, cambiamenti climatici, flussi migratori e guerre - le emergenze si sono moltiplicate. Dal primo marzo anche l'Azienda sanitaria si è organizzata per farvi fronte. Quella che era un'unità operativa semplice è diventata un'unità complessa.

A guidarla c'è il dottor Massimiliano Lanzafame, classe 1969, con anni di esperienza in strutture ospedaliere del Veneto.

Dottor Lanzafame, per due anni avete dovuto far fronte all'emergenza Covid. È finita?

Direi proprio no. Proprio martedì sera ci siamo trovati con i medici di medicina generale per un'azione di sensibilizzazione. L'emergenza non è finita e dobbiamo attenderci in autunno l'arrivo di altre varianti. Lo dicono i dati e purtroppo i tassi di vaccinazione della terza e quarta dose sono scoraggianti. Io non voglio fare la Cassandra della situazione, ma guardando quello che sta succedendo in Israele e è facile ipotizzare che anche qui avremo una nuova ondata in autunno. Auspico quindi una maggiore propensione a fare la quarta dose, soprattutto per quanto riguarda le persone anziane e fragili.

Molti però stanno aspettando l'autunno e i nuovi vaccini per farla.

La terza e la quarta dose che sono a disposizione oggi hanno dimostrato di funzionare contro le varianti in circolazione, non tanto sul fronte del rischio di infezione, ma proteggono comunque da ospedalizzazioni e morte. Vero che Pfizer ha annunciato che a settembre arriverà un nuovo vaccino che proteggerà anche dalle varianti, ma il Covid c'è ancora anche adesso, i casi sono in aumento e per qualcuno settembre potrebbe essere tardi. E comunque ci sono 35 mila persone da vaccinare, bisogna organizzarsi per tempo.

Avete ancora ricoveri per Covid nel vostro reparto?

Attualmente su 15 posti letto ne abbiamo 8 dedicati ai pazienti con Covid e di questi 7 sono occupati. Anche l'altra notte sono entrati due pazienti. Non solo Covid però. Il reparto di malattie infettive è impegnato anche su molti altri fronti.

Quali?

La problematica più importante e che ci impegnerà anche nei prossimi anni sarà quella dell'antibiotico-resistenza. Purtroppo il Covid ha rallentato il progetto del piano nazionale anche se fortunatamente il Trentino è un'isola felice su questo fronte in quanto qui abbiamo poche resistenze. Ma c'è comunque tanto da fare perché sarà il problema del futuro. Come infettivologi abbiamo anche il compito di lavorare a livello preventivo per fare cultura medica, collaborando con tutte le unità operative ospedaliere prima ma poi anche con i medici del territorio, per un utilizzo appropriato degli antibiotici.Covid e antibiotico-resistenza ma un terzo grande problema è quello dell'Aids. Se ne parla meno, ma il problema c'è ancora.

Cosa si fa per farvi fronte?

Non se ne parla perché apparentemente non muore più nessuno, ma in realtà le infezioni continuano ad esserci con tutte le conseguenze fisiche e psicologiche che questo comporta. Inoltre con il Covid molti pazienti non hanno seguito regolarmente le cure e questo ha portato il virus a replicarsi e i soggetti ad essere ancora più contagiosi. Una delle prime cose che ho fatto quando sono arrivato è stato aprire un ambulatorio Prep per profilassi pre-esposizione, che consiste nel prendere farmaci anti-HIV da parte di persone HIV-negative che hanno rapporto sessuali a rischio per ridurre il rischio di contagio.

L'arrivo di tanti migranti ha provocato anche una maggior circolazione di alcune malattie infettive. Come riuscite a farvi fronte?

Il discorso dei flussi migratori necessita di un'azione preventiva di screening. Grazie al servizio prevenzione abbiamo stabilito un percorso finalizzato alla valutazione infettivologica di tutte queste persone che arrivano da zone con alta incidenza, ad esempio di tubercolosi o di infezioni protozoarie, e quindi ci siamo fatti finalizzatori di una lavoro fatto sul territorio da varie associazioni a cui mancava la parte terminale e la presa in carico del paziente per trattare eventuali patologie in atto, ma anche per un'azione preventiva.

Prendiamo la tubercolosi, ad esempio, l'Ucraina è tra i 10 paesi al mondo con il più alto tasso di incidenza di questa patologia. Intercettare in tempo questa malattia è un vantaggio per il paziente ma anche per l'intera popolazione.

Un altro fronte aperto è quello delle malattie portate dalle zecche infette e ultima novità è il vaiolo delle scimmie.

Sembra che le emergenze non abbiano mai fine.In effetti di casi di encefalite da zecche ce ne sono stati già alcuni dal mio arrivo, mentre per quanto riguarda il vaiolo delle scimmie fortunatamente sembra che ci sia basso rischio per la popolazione perché per contrarlo ci vuole un contatto fisico prolungato e anche la trasmissione oro-faringea richiede un contratto prolungato e ravvicinato, non come il Covid, e questo ci fa bene sperare che non avrà una grossa diffusione.

Dovete sempre tenere la guardia alta, mi sembra di capire.

Ogni giorno possono arrivare nuove emergenze. Purtroppo la globalizzazione e i cambiamenti climatici porteranno a nuove epidemie. Anche le guerre sono veicolo di infezioni e generano problematiche di tipo epidemiologico. Mai come in questo momento l'infettivologo ha avuto un ruolo centrale a livello di sanità pubblica.

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