«I medici di base devono avere voce in capitolo nelle scelte dell’Apss»
Massimo Corradini (Onda): oggi sono lasciati soli e bisogna cambiare, per loro ruoli dirigenziali esclusivi in Azienda in materia di medicina del territorio
FUTURO Giovani dottori trentini in prima linea per la medicina territoriale
NUMERI Carenza di personale: medici dall'Argentina, infermieri dall'Albania
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RICHIESTE I medici di famiglia vogliono meno burocrazia e ambulatori gratis
TRENTO. Dalla figura poco lusinghiera del “medico della mutua”, cacciatore di assistiti reso celebre dal film di Alberto Sordi, a quella rassicurante e professionale del medico di famiglia, punto di riferimento fondamentale per i cittadini nel complesso mondo della sanità pubblica. Di passi avanti, nel corso degli anni, il medico di base ne ha fatti tanti, e tuttavia i medici del territorio restano ancora di fatto esclusi dalla “governance” della sanità pubblica, costretti a operare “in solitudine”, spesso lontani o addirittura avulsi dagli ospedali.
La denuncia arriva da Massimo Corradini, storico dentista trentino e oggi referente del Gruppo tematico sanità di Onda. «L’avvento della pandemia – afferma Corradini - è stato paradossalmente funzionale per cominciare a mettere a fuoco le peculiarità e le potenzialità della medicina del territorio, ma anche tutte le falle e criticità di un sistema da troppi anni marginalizzato e lasciato improvvidamente in mano ad una miope e spesso poco trasparente gestione aziendale che ascolta semmai solo i sindacati, per affrontare tematiche contrattuali e raramente quelle di qualità in sanità».
Un primo passo da fare sarebbe dunque quello di chiarire lo status dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta: liberi professionisti che lavorano con un contratto di convenzione. Con tutto quello che ne consegue. «Purtroppo però, - scrive Corradini - alle trasformazioni della professionalità dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta avvenute negli anni, non si è accompagnata una attività di informazione dell’utenza sulle caratteristiche del servizio offerto. Quindi mentre è chiaro cosa faccia un medico ospedaliero e quali prestazioni ci si possa aspettare di ricevere in ospedale, non c’è altrettanta chiarezza sulla figura del medico di assistenza primaria tenuta in una nebbia di richieste improprie. È stato così possibile riversare su queste figure qualunque tipo di incombenza, burocratica e non, creando i presupposti per diffuse conflittualità, che spesso nascono proprio dalla scarsa conoscenza di ruoli e compiti».
Il risultato è che «l’eccessiva eterogeneità di comportamento e l’isolamento nel quale operano la maggior parte dei medici del territorio, sta sempre più ingenerando frustrazione nei singoli professionisti, soprattutto in quelli più motivati e competenti, fino a configurare la condizione di “burn out”, uno stato di forte demotivazione e avvilimento che affligge molti professionisti, generando disagio personale e spesso sottraendo al sistema sanitario le migliori menti e professionalità».
E ancora: «Il ruolo del medico del territorio è destinato ad una sempre maggiore centralità nel futuro, poiché è sul territorio che si realizzano e dovranno ancor più realizzarsi tutte le attività di medicina preventiva e di gestione delle malattie croniche. La riforma del SSN, nella sua componente territoriale, sarà quindi un punto cruciale del PNRR e dal coraggio e dalla competenza che guiderà le riforme dipenderà il futuro della salute di tutti noi cittadini. È tempo e ora che ai medici del territorio vengano assegnati in maniera esclusiva i ruoli dirigenziali e di coordinamento all’interno dell’Apss per la medicina del territorio, proprio in virtù dell’autonomia politica di cui fruiamo».